Cos’è un classico? Un classico è un disco o una canzone che rimarrà nella storia della musica per svariate decadi, essendo istantaneamente riconoscibile ai più. Alcuni esempi: parlando di canzoni nessuno può obiettare che Stairway to Heaven sia un classico, come Let it Be, Highway to Hell, Fear of the Dark o Painkiller. Per quanto riguarda gli album Deep Purple In Rock, The Dark Side of The Moon, Sgt. Pepper, The Number of The Beast, Back In Black, The Joshua Tree, eccetera.
La prima distinzione la facciamo tra classici assoluti e classici di nicchia. Highway To Hell la conoscono anche i muri, non conoscerla pone dei seri dubbi riguardo il pianeta di provenienza; Painkiller invece è un classico, relativamente recente, istantaneamente riconoscibile, ma solo nel mondo del metal. L’altra distinzione l’abbiamo già fatta ed è tra album e canzoni. Ci sono molti più pezzi che album classici, questo per banali questioni numeriche, perché in determinati periodi avere un singolo di successo era l’unica cosa che contava, ma anche perché ci sono svariati gruppi che sono stati bravissimi a comporre e promuovere dei gran singoli, ma che non sono riusciti a ottenere lo stesso con i loro album (Foo Fighters?). Noi oggi parliamo di album, limitandoci al mondo del rock/metal, e cerchiamo di capire se a partire dal nuovo millennio sono stati prodotti nuovi classici, se non è successo, e perché.
Pensando ai classici vengono in mente gli anni ’60, ’70, ’80 e in minor parte i ’90. Parliamo forse di centinaia di dischi. Invece a partire dagli anni 2000 sono riuscito a identificare solamente una ventina di potenziali classici. Virtualmente un disco all’anno, sicuramente poco, e con l’aggravante che il più recente è del 2007, quindi tutti concentrati nei primissimi anni del nuovo millennio. Perché?
La banalissima risposta dei più va nella direzione della bassa qualità della produzione recente, oppure chi decide di essere clemente prende tempo sostenendo che gli album prodotti negli ultimi anni non hanno ancora avuto il tempo di sedimentarsi nel subconscio generale. Io invece ritengo che la causa sia da ricercarsi nella liquefazione dei supporti. Andiamo con ordine.
Per tutti gli anni ’60 non c’era scelta, per ascoltare un disco dovevi compare un vinile, poi negli anni ’70/’80 iniziano le musicassette copiate, che assieme ai CD masterizzati della decade successiva rimanevano comunque un supporto fisico. Originale o copiato avevi in mano un pezzo di plastica per ogni singolo album, se originale con copertina, libretto, testi e colori. Il disco veniva interiorizzato non solo per la musica, ma per tutte le sensazioni tattili e visive che lo circondavano. Era una vera esperienza multisensoriale che ti abbracciava a trecentosessanta gradi. Poi arrivò il digitale.
Proprio nel 1999 debutta Napster, seguito a ruota da tutti i vari software di peer-to-peer. Certo all’inizio le connessioni lente non permettevano di scaricare album interi, ero contento di metterci qualche giorno a scaricare una canzone, per poi magari comprare il disco. Ma ormai il vaso di Pandora è aperto. Si diffonde l’MP3, i lettori CD MP3, l’Ipod e il tornado iTunes. In pochissimi anni si passa dalle scomodissime cassette copiate di massimo 90 minuti, ad avere tutta la discografia dei Pink Floyd in un pezzo di plastica grande poco più di una moneta da centro lire. Siamo attorno al 2002. Diamogli qualche anno per la diffusione totale e arriviamo al famoso 2007.
Per quanto io mi sforzi non riesco a identificare nessun potenziale classico pubblicato negli ultimi 12 anni. Sicuramente la sedimentazione di tutta la produzione recente non è ancora completata, ma che Brave New World, Toxicity e Hot Fuss sarebbero stati dei classici lo avevamo capito ben prima del 2012, quindi come motivazione non è sufficiente. La totale smaterializzazione del musica, la sua immensa perdita di valore reale, l’esponenziale moltiplicazione della sua accessibilità hanno dato il colpo di grazia alla possibile creazione di un classico.
Poi nel 2011 Spotify ha iniziato a crescere sensibilmente e ha definitivamente messo la pietra tombale sopra il cadavere dei classici uccisi dagli MP3. Infatti grazie alle piattaforme di streaming abbiamo accesso immediato all’intera storia della musica mondiale. Quello per cui fino agli anni ’90 avremmo avuto bisogno di un grattacielo solamente per contenere tutti i supporti, è istantaneamente accessibile in qualsiasi momento da qualunque posto. Quello per cui avremmo dovuto spendere miliardi di lire, quantomeno in supporti vergini, lo abbiamo per meno di dieci euro al mese.
È evidente che a queste condizioni l’arte non possa non perdere di valore. Il tanto agognato nuovo album dei Beatles oggi non sarebbe più così agognato. Manca qualsiasi rituale, manca il valore e manca la reale attesa, in quanto nel frattempo abbiamo tutto lo scibile della musica mondiale a nostra disposizione. Per questa ragione non si riescono più a identificare dei veri classici. Non perché non si produca più buona musica, ma perché i vari capolavori prodotti negli ultimi anni non hanno lo spazio per diventare classici, vengono masticati e processati a una velocità tale da non dargli il tempo di maturare e sedimentarsi, diventano solamente un meraviglioso e lontano ricordo nel giro di pochissime settimane.
In più con i servizi di streaming è stato giustiziato anche l’album stesso. Già con iTunes e il download a pagamento era cominciata la deriva che portava ad ascoltare uno spezzatino di canzoni piuttosto che degli album interi. Con lo streaming ascoltare un disco è anche poco pratico. Spotify per esempio non permette di avere una libreria di dischi facilmente navigabile, ci vuole una fortissima dedizione per decidere di ascoltare un album intero; è infinitamente più semplice estrarre un paio di singoli e metterli in una playlist.
La cassetta allegata contiene solamente pezzi tra il 2000 e il 2007, assemblati con fatica. Ma abbiamo fatto di più, si tratta di una playlist collaborativa, quelle che noi chiamiamo Cassette Interattive. Chiediamo quindi a voi di aggiungere altre canzoni, quelle che voi ritenete essere appartenenti a dischi post-2000 che saranno dei classici negli anni a venire. Mi raccomando: il vostro disco preferito, o anche quello che è oggettivamente il migliore di un gruppo, non sarà necessariamente un classico. Dovrete pensare ai dischi che verranno ricordati per decadi, a prescindere dalla loro reale qualità intrinseca.
Due esempi per le coordinate: Brave New World per quanto mi riguarda non è il miglior disco degli Iron Maiden riuniti, ma è l’unico che sarà ricordato come un classico in quanto svariate delle sue canzoni sono sempre tra i pezzi più attesi dal vivo, e perché è stato il primo amore di tutti i millennials che hanno iniziato ad ascoltare i Maiden a cavallo del cambio di secolo. Toxicity dei System of A Down è forse il loro disco più completo, ma è un classico anche perché ha avuto modo di crescere lentamente, di essere suonato nelle discoteche rock e di farsi imparare a memoria da tutti i ragazzi che tutt’ora cantano il ritornello della titletrack come degli invasati. Adesso non si imparano più i testi a memoria, dove sono i libretti? Avete veramente tempo di mettervi ad ascoltare lo stesso disco decine di volte oppure volete passare a “quell’altro gruppo” che avete visto su Spotify o su YouTube? Io sono il primo a dovermi imporre delle sessioni “cuffie e divano” per poter respirare un disco a piani polmoni, altrimenti sono come tutti intento alla masticazione di più dischi possibile.
La musica liquida non è il male assoluto, o meglio, magari lo è per altri motivi che non sono l’oggetto di questo articolo; sicuramente non ha abbassato la qualità delle produzioni globali, anzi, forse è riuscita anche a incrementarlo. Il problema è che per assurdo, anche con una qualità maggiore, noi ascoltatori finiamo per apprezzarla meno, per affezionarci meno, per innamorarci meno. Il disco del cuore, anche l’artista del cuore in realtà, sta rapidamente cessando di esistere, sostituito dall’ennesima nuova playlist piena di novità che saranno comunque presto dimenticate. Detto da uno di MangiaCassette sembra quasi una presa in giro, ma il mondo gira, e non saremo di certo noi a fermarlo.
Luca Di Maio