Ho atteso quasi due mesi prima di guardare la quinta stagione di Black Mirror, ho atteso perchè le mie aspettative erano talmente basse da preferire l’antica arte dello sguardo fisso nel vuoto. Alla fine ho ceduto e purtroppo non mi sbagliavo: un’altra colossale perdita di tempo.

Non mi voglio dilungare troppo in quanto ho già detto tutto quello che c’era da dire parlando di Bandersnatch e onestamente Charlie Brooker nemmeno si merita tutto questo spazio. La cosa triste è che sia in Striking Vipers che in Rachel, Jack and Ashley Too ci sono anche delle idee interessanti (in Smithereens nemmeno quello), ma la realizzazione è indecente sotto tutti i punti di vista.

Guardando il lato prettamente tecnico e cinematografico, tutti gli episodi sembrano non cominciare mai. Problema dovuto sia a una sceneggiatura debole, ma anche a un montaggio che non ha aiutato assolutamente. Premesse infinite che portano a capire di cosa si sta parlando solo dopo almeno venti minuti. Capito l’argomento non c’è nessuna epifania. I temi sono trattati in modo estremamente superficiale, sempre che si possa parlare di temi.

L’unico episodio che porta dei temi è l’ultimo, quello famoso per avere Miley Cyrus come protagonista. In realtà troppi temi: relazione figlie/padre, relazione tra sorelle senza madre, messaggi degradanti del mondo della musica pop, gestione criminale delle giovani artiste, intelligenza artificiale, duplicazione della coscienza umana. Di tutta questa roba non viene approfondito nulla, preferendo la sostituzione con improbabili inseguimenti con la polizia e scenette comiche da commedia delle tre del pomeriggio.

Miley Cyrus si conferma però un’attrice molto sottovalutata, alla fine era stata una delle poche cose salvabili della quasi disastrosa serie di Woody Allen Crisis In Six Scenes. È credibile in tutte le sue incarnazioni e durante i titoli di coda offre una strepitosa interpretazione di Head Like a Hole nei Nine Inch Nails. Ecco, l’unico altro elemento degno di nota è l’estrema rivisitazione del successo di Trent Reznor nel singolo pop On A Roll. Non perchè sia una bella canzone, ma solo aver avuto l’idea di stravolgere così tanto un pezzo rendendolo perfettamente funzionante merita un plauso.

Potrei andare avanti per due ore entrando nel dettaglio di quanto questi tre episodi sono irrilevanti e dannosi, soprattutto se confrontati con l’eccellenza dei primi otto capitoli della serie (fino a Nosedive). Quindi evito e chiudo l’articolo con le stesse parole usate in occasione delle ultime due stagioni: Black Mirror si conferma quello che nelle prime due stagioni aveva fortemente criticato. Intrattenimento pseudo-intelligente, buono per far compiacere le grandi menti dell’internet, per fargli credere di aver colto chissà quali sottotesti profondi mentre di fatto non hanno colto nulla se non la loro stessa superficialità esemplificata da trame banali e scevre da qualsiasi riflessione intelligente. Praticamente Black Mirror e i suoi fan hanno fatto lo stesso percorso di Bing in Fifteen Million Merits: sono passati dal dire qualcosa di vero, sentito e che ha toccato nel profondo, a ripetersi giornalmente con qualcosa di vuoto e irrilevante, che comunque fa impazzire le folle nella convinzione che sia la stessa cosa che lo aveva generato. Contenti loro.

Luca Di Maio

“Volevo … volevo solo riuscire ad arrivare fin qui per farmi ascoltare da voi. Per costringervi almeno una volta nella vostra vita ad ascoltare davvero qualcuno, invece di stare lì a far finta di farlo. Vi accomodate a quel tavolo, guardate verso questo palco e … noi, noi ci mettiamo subito a ballare, a cantare come dei pagliacci. Per voi non siamo delle persone, voi … voi non ci vedete come degli uomini quando siamo qui, ma della merce, e più siamo falsi più vi piace, perché è la falsità ormai l’unico valore, l’unica cosa che riusciamo a digerire. Anzi, no, non l’unica: il dolore e la violenza, accettiamo anche quelli. Attacchiamo un ciccione ad un palo e iniziamo a deriderlo perché crediamo sia giusto. Noi siamo quelli ancora in sella e lui è quello che non ce l’ha fatta, AHAH che scemo! Siamo talmente immersi nella nostra disperazione che non ci accorgiamo più di nulla, passiamo la nostra vita a comprare cazzate. Tutto quello che facciamo, i nostri discorsi sono pieni di cazzate. Insomma, sapete qual è il mio sogno? Il mio sogno più grande è comprare un cappello per il mio avatar, una cosa che neanche esiste! Desideriamo stronzate che neanche esistono e siamo stufi di farlo. Dovreste darci voi qualcosa di reale, ma non potete, giusto? Perché ci ucciderebbe. Siamo talmente apatici che potremmo impazzire. C’è un limite alla nostra capacità di meravigliarci, ecco perché fate a pezzi ogni cosa bella che vedete. E solo a quel punto la gonfiate, la impacchettate e la fate passare attraverso una serie di stupidi filtri, finché di quella cosa non rimane che un mucchio di inutili luci, mentre noi pedaliamo un giorno dopo l’altro, per andare dove? Per alimentare cosa? Delle celle minuscole con dei piccoli schermi, e sempre più celle e sempre più schermi, e quindi FANCULO! Fanculo al vostro dannato spettacolo, fanculo … fanculo voi che ve ne state lì e non fate nulla per cambiare le cose. Fanculo alle vostre telecamere e i vostri maledetti canali e fanculo tutti per aver trattato la cosa più cara che avevo come se non valesse nulla … per averla afferrata in un oggetto, in un giocattolo, l’ennesimo orribile giocattolo in mezzo a milioni di altri. Fanculo! Fanculo per tutto quanto! Fanculo per me, per noi, per tutto il Mondo, fanculo!”
(Black Mirror, 1×02, Fifteen Million Merits)

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