Ormai almeno un pezzo all’anno su Blaze Bayley lo devo scrivere, lo sento necessario. Vi ho già tediati con una rapida biografia musicale, e con la recensione dell’ultimo bellissimo War Within Me; questa volta parliamo della ristampa del suo terzo album Blood And Belief, originariamente uscito nel 2004.
In realtà si tratta del terzo e ultimo disco dei BLAZE, il gruppo da lui formato subito dopo la fuoriuscita dagli Iron Maiden, ma ormai di fatto considerato parte della sua discografia solista. Silicon Messiah, uscito tragicamente quasi in contemporanea con Brave New World, non aveva tantissimo da invidiare al disco di reunion dei Maiden; mentre il suo seguito Tenth Dimension si rivelò essere un concept leggermente pasticciato che, seppur con alcuni grandi pezzi, non tiene il colpo. Purtroppo la promozione di entrambi gli album fu estremamente debole e il mondo iniziò a dimenticarsi di Blaze Bayley.
Blood And Belief arriva quando i BLAZE stavano già approcciando l’autodistruzione, con gli avvicendamenti al basso e alla batteria che sarebbero stati seguiti poco dopo da quelli dei due chitarristi. Seguirà un periodo di transizione terminato quattro lunghissimi anni dopo con la nascita della Blaze Bayley Band e l’immenso The Man Who Would Not Die.
Ma torniamo a Blood and Belief, un disco che non esito a definire il più sottovalutato della sua carriera; che all’interno di una discografia sottovalutata in toto lo rende una vera e propria perla. Le grandi difficoltà degli anni post-Maiden spinsero Blaze ad abbandonare il suo amore per la fantascienza, lasciando spazio a dieci pezzi nudi e crudi che parlano di lui. Non che nei testi dei due dischi precedenti non ci fossero passaggi autobiografici molto personali, ma questa volta il cantante si mette proprio a nudo.
Anche musicalmente ci troviamo di fronte a un disco più crudo: contemporaneamente più moderno con tanti elementi groove, e allo stesso tempo spesso anche Sabbathiano. Niente cori, niente armonie; solo Blaze Bayley che sfoggia tutto il suo range emotivo aprendo totalmente il suo cuore.
Pezzi come Regret, Tearing Yourself to Pieces, Life And Death e Soundtrack to My Life sono come un grido di aiuto. Sta prendendo forma la sua filosofia alla Rocky, suo grande cavallo di battaglia nell’ultima decade e qui evidente nella gioiosa Will to Win, ma il mood principale è assolutamente più dimesso. Blaze lotta contro tutti i suoi demoni e contro gli ostacoli che gli si sono presentati nella vita, ma non è ancora riuscito a scendere a patti con loro. Il risultato è in questi pezzi che alternano resa, disperazione, presa di coscienza, e voglia di rivincita contro un mondo che gli ha dato tantissimo, ma tolto spesso quasi altrettanto.
I pezzi menzionati sopra galleggiano tutti sul mid-tempo senza sfociare mai nella vera ballad, con la sua potentissima voce a guidare il viaggio interiore. Il trittico in apertura mantiene tematiche simili, ma musicalmente spinge di più sull’acceleratore, così come la divertente Hollow Head.
Nel complesso non lo trovo un disco inferiore al tanto osannato Silicon Messiah; il quale ha degli alti più alti (Stare at The Sun e la titletrack su tutte), ma contiene anche un paio di pezzi non esaltanti. Blood and Belief invece regala 51 minuti di altissimo livello, con dei picchi molto soggettivi dati dal carattere personale del disco. Il mio cuore di apre sempre in due con Regret e Tearing Yourself to Pieces, ma a ognuno la sua.
Sembra ieri quando intervistai telefonicamente Blaze proprio per l’uscita di Blood And Belief, e invece parliamo di 18 anni fa. Ho ancora il file con quell’intervista, registrata appoggiando il microfono al vivavoce del telefono di casa. A parte il mio terribile inglese di allora che non facilitò la conversazione, trovai un Blaze con un’incessante fiducia nella sua musica, ma allo stesso tempo visibilmente abbattuto per gli inspiegabili insuccessi. Sono felice di vederlo adesso in un posto completamente diverso; con la formazione più longeva della sua carriera già al quarto disco di qualità, con decine e decine di concerti ogni anno in tutto il mondo, e che ristampa per la prima volta in vinile quest’album che tanto male deve avergli fatto in passato. Massima stima e massimo rispetto.
Luca Di Maio