Chi mi segue è al corrente del mio amore viscerale per Blaze Bayley. L’ underdog metal per eccellenza. Per anni il suo nome è stato associato al periodo buio degli Iron Maiden: il cantante sfigato, la scelta sciagurata. E lui questa cosa l’ha sentita, l’ha sofferta, l’ha quasi ucciso. Ma nella sofferenza produceva dischi e quasi nessuno si è accorto che alcuni di essi sono tra i migliori album metal degli ultimi 25 anni (Silicon Messiah, Blood and Belief, The Man Who Would Not Die, Endure and Survive).
Io sono stato svariate volte tra le dieci persone sotto il palco ai suoi concerti in Italia, tanto che aveva quasi smesso di venire. All’inizio dello scorso anno si è palesato a Genova per promuovere il suo ultimo album e non eravamo più di una cinquantina. A febbraio invece si è imbarcato nel suo primo mini-tour italiano per celebrare il trentennale del suo ingresso negli Iron Maiden. Sold out a Roma, tanta gente a Rimini e anche alle altre due date. Certo, la retromania è imperante anche tra i metallari e si potrebbe pensare che pur di soddisfare questo macabro desiderio revivalistico vadano a vedere anche l’ex cantante sfigato dei Maiden, ma l’accoglienza ricevuta dice altro. È stato un trionfo.
Mezzo The-X Factor, mezzo Virtual XI, Wratchild in onore di Paul Di’anno e in chiusura Doctor Doctor degli UFO. Dovrei storcere il naso per il revival e perché i suoi dischi sono troppo belli per essere ignorati, ma questa volta è andata bene così. I vecchi pezzi hanno assunto dignità propria. Sono stati celebrati, goduti, ritrovati. Sono stati restituiti al mondo in una nuova veste ripulita dalla delusione, dal suo non essere Bruce Dickinson. Judgement of Heaven, 2 AM e Como Estais Amigo ti spaccano in due. I nuovi arrangiamenti di Lighting Strikes Twice e The Angel and The Gambler polverizzano quelli su disco e ci siamo resi conto che When Two Worlds Collide potrebbe essere ancora suonata dai Maiden di fronte a 50000 persone. E apposta non ho menzionato i singoli e le due epiche più famose perché avrebbero potuto non suonarle e sarebbe andato bene lo stesso.
Ora speriamo di vedere Blaze più spesso in Italia, magari con un nuovo album.