Pandemia, quarantena, isolamento, privazioni, bar chiusi, pub chiusi, ristoranti chiusi, cancellazioni di eventi: un disastro. Siamo disperati. Ma non così disperati da andare a un concerto rinchiusi nella nostra macchina come al drive-in. Oppure sì?
La bizzarra idea è venuta alla luce un paio di giorni fa e sembra non essere una semi-goliardata come quella delle gabbie di plexiglas sulla spiaggia, o ancora peggio dei divisori sui tavoli nei ristoranti. Pare che stia avendo una certa trazione nel mondo degli organizzatori di eventi e che svariate città abbiano già aderito all’iniziativa.
Il funzionamento non è chiaro, ma si ipotizza che possa essere selezionata una zona pianeggiante piuttosto grande e allestito una mega palco che invece di giovani urlanti vedrà sotto di sé qualche migliaio di auto. Eh??!! Prima di criticare brutalmente questa assurdità cerco di spiegarvi cos’è per me un concerto.
Cos’è per me un concerto?
Il mio battesimo del fuoco avvenne con gli Iron Maiden il 2 Maggio del 1998, avevo ancora 14 anni. Andai con un paio di compagni di classe, ancora capelli corti, comprammo la prima di tantissime magliette proprio fuori dai cancelli, e appena entrati fummo a un bivio: ci sediamo in tribuna o ci mettiamo sotto il palco? Ci sediamo in tribuna. Passano dai 5 ai 10 secondi, ci alziamo, e andiamo sotto il palco. Non ci muoveremo più. Mai più. Io sono ancora lì da quel giorno.
Quando qualcuno mi chiede se ho preso il biglietto per la tribuna o per il parterre in piedi rispondo sempre “io vado a un concerto per divertirmi, non per guardare gli altri che si divertono”. Un concerto per me è lacrime e sangue. È lotta per la sopravvivenza. È sudore. È urlare con tutta la voce che ho in corpo. È odiare il tizio alto davanti a me o quello stonatissimo che mi canta di fianco. È saltare, pogare, battere le mani. È farsi trascinare dalla marea umana e allo stesso spingere come un pazzo per arrivare davanti. È l’emozione di pensare che il cantante di turno si stia rivolgendo proprio a me.
Con questo non voglio dire che per godersi un concerto si debba per forza essere nella bolgia sotto il palco. È tutta questione di atmosfera. David Gilmour all’Arena di Verona è stato uno dei concerti più belli della mia vita nonostante fossi seduto sulla pietra incandescente in gradinata non numerata. Ma c’era l’atmosfera. Si percepiva il calore umano, eravamo tutti uniti e emozionati per quella magica chitarra. E si sentiva. Negli ultimi anni mi sono goduto anche svariati concerti jazz a teatro; sicuramente l’atmosfera è diversa, c’è meno calore, ma a un certo punto tutti battono le mani, sei abbastanza vicino e le emozioni riescono comunque a incanalarsi.
Concerti drive-in
Non riesco a immaginare di poter percepire alcun tipo di emozione da dentro la mia macchina, a centinaia di metri dal palco, guardando un maxi-schermo. Non è possibile. Un concerto drive-in può essere interessante solo per quel tipo di persone alle quali interessa semplicemente marcare il cartellino. Cartellino che prende la forma di un post su Facebook o su Instagram, per far sapere a tutti che i Guns’n’Roses li hanno visti anche loro e sono stati spettacolari. E poi sapete, vederli al drive-in è stata un’esperienza unica. Altro che stare in mezzo alla gente sudata tutto il giorno.
Un vero amante della musica non può apprezzare una baracconata del genere. Mi trovo molto scettico anche riguardo al classico cinema drive-in; vedere un film corredato dagli insetti spiaccicati sul mio parabrezza sembra davvero poco edificante, ma sarei disposto a provare. Un concerto neanche morto. Purtroppo però rimane aperta la fatidica domanda: quando potremo rivedere dei veri concerti?
Non saprei. Magari tra pochissimi giorni avremo le idee più chiare, ma a oggi si va dall’ottimismo illuso di questo autunno, al pessimismo cosmico dell’autunno 2021. E prima? Drive-in? No. Prima andiamo a vedere i gruppi locali.
La scena locale
Sicuramente verranno sbloccati prima i piccoli eventi, e quale migliore occasione per supportarli? I piccoli gruppi, le piccole agenzie di booking, le piccole etichette, i piccoli locali stanno soffrendo. Buona parte di loro non riaprirà più, ma qualcuno lo farà. Quel qualcuno possiamo aiutarlo, possiamo cercare di fare in modo che non chiuda, possiamo cercare di fare in modo che altri aprano, e che le scene locali rinascano più splendenti di prima. E come facciamo? Intanto facciamo che, se mai dovessero esistere, non andiamo a queste buffonate di concerti drive-in, risparmiamo i 100 euro che sicuramente ci chiederebbero, e li andiamo a spendere in locali nella nostra zona. Potrà essere a volte deludente, altre volte illuminante, ma sicuramente avremo l’occasione di scoprire musica che non avremmo mai scoperto in altro modo.
E i grandi gruppi che tanto amiamo? Aspettiamo. Non avete idea di quanto mi roda non vedere gli Iron Maiden e Steven Wilson (entrambi non ancora cancellati, ma ragionevolmente lo saranno), ma non ci sono alternative. Sicuramente loro non si presterebbero mai al concerto drive-in, ma anche se fossero così folli da farlo, non mi avranno come spettatore. Non andranno in bancarotta per un anno senza concerti, mentre i piccoli organizzatori e le piccole band sì. Noi possiamo concretamente aiutarle e allo stesso tempo goderci qualcosa di vero. Perché non farlo?
Luca Di Maio