Sono sempre stato uno snob musicale in un modo o nell’altro. Mentre tutti i bambini ascoltavano la Pausini, gli 883 e gli altri “artisti” del momento, io ascoltavo Ruggeri. Luca ma che roba ascolti? Mi dicevano gli animatori al campo estivo, loro diciottenni, io con la metà dei loro anni. Ho sempre cercato di fare il bastian contrario; quello che andava di moda, a me faceva schifo. A parte una breve fase di becerissima dance U.S.U.R.A./DATURA durante le Scuole Medie, in un disperato tentativo di essere come tutti gli altri. Fallito. Poi è arrivato il metal e sono partito per la tangente.

Certo che snob musicale e metal non sono due termini che vanno d’accordissimo, per gli snob musicali. Da metallari però ci sentivamo sopra a tutto e tutti; e qualsiasi elemento commerciale che provasse a entrare nel nostro mondo veniva buttato fuori a calci, pugni e bottigliate (ho partecipato alla leggendaria cacciata dei Methods of Mayhem al Gods of Metal del 2000, non avevo ancora diciassette anni). Dal nostro punto di vista eravamo gli snob definitivi. Dal punto di vista dei veri snob eravamo dei pittoreschi soggetti dotati di enormi paraocchi. Poi col tempo sono diventato come loro.

Lo snob musicale odia il mainstream solo fino a quando non diventa trash. Lo snob musicale odia i gruppi più popolari anche all’interno di generi di nicchia. Lo snob musicale inizia a disprezzare anche i suoi artisti preferiti quando si accorge che sono un po’ troppo conosciuti. Lo snob musicale scava così in profondità all’interno di tutti i generi da non riuscire proprio a capire la gente che ascolta sempre la stessa roba. Sentirsi snob musicali è bellissimo perché conferisce un senso di superiorità rispetto al resto della popolazione che risulta quasi divino. Ma è tutto giustificato?

Snob musicale in crisi esistenziale

Nell’ultimo anno ho letto un grandissimo numero di libri di storia della musica, cultura musicale, psicologia, filosofia, estetica e a un certo punto ho iniziato a farmi delle domande un po’ scomode. È vero che De gustibus non est disputandum? Se fosse vero che i gusti non si discutono, allora il mio sentirmi snob avrebbe ben poche basi. È giusto disprezzare la musica eccessivamente commerciale e soprattutto le persone che la ascoltano? In generale non è giusto disprezzare le persone, tanto meno per i loro gusti personali, quindi? Esiste la musica di qualità oppure è solamente questione di gusti? È tutto soggettivo oppure esistono dei criteri oggettivi e universali per valutare la qualità della musica?

Domande impegnative. Per rispondere sono partito da due libri. De Gustibus – Arguing about taste and why we do it di Peter Kivy e Let’s Talk About Love – Why other people have such baste taste (Musica di Merda in Italia) di Carl Wilson. Il primo è un volumetto di filosofia dell’arte che ripercorre la storia di come è stato trattato il “gusto”, nel senso di valutazioni estetiche di opere d’arte, attraverso i più importanti pensatori da Hume e Kant fino ai giorni nostri. Il secondo tratta lo stesso argomento, ma completamente immerso nella pop culture di fine millennio cercando di comprendere la popolarità di Celine Dion.

Perché le altre persone hanno gusti così pessimi?

Durante la lettura di Let’s Talk About Love (il titolo italiano Musica di Merda è l’equivalente letterario di un titolo click bait in quanto risulta completamente fuori focus rispetto agli obiettivi del libro) mi sono più volte chiesto se fosse realmente necessario acquisire tutte queste informazioni su Celine Dion. Ce ne sono davvero tante. L’autore parte descrivendo il suo totale disprezzo per la cantante canadese mostrando quanto questo disprezzo fosse universale e esteso al suo stesso pubblico. Frasi come I fan di Celine saranno per forza dei ciccioni con la terza media venivano pubblicate nella maggior parte delle recensioni del tempo, anche su giornali di alto profilo. Da qui Wilson va alla sua riscoperta, intervista il suo pubblico, ascolta i suoi dischi e va addirittura a un suo concerto.

Il risultato di questo viaggio e di questa sua messa in discussione è un ritrovato rispetto nei confronti della musica di Celine Dion e del suo pubblico. Quello che ci dice in conclusione è che tutta l’arte va rispettata, che i gusti delle persone vanno rispettati e che se milioni di essere umani ascoltano un determinato artista, deve esserci una giusta ragione socio-culturale. Il soggettivismo regna sovrano, per lui non esistono questioni oggettive.

Quindi i gusti non si discutono?

Il volume di Kivy è decisamente più ostico come concetti, ma il professore quasi ottantenne riesce a esporli con una chiarezza disarmante. La domanda da cui parte è perché discutiamo di questioni legate al gusto?

Sembra una domanda banale, ma non lo è per niente. Cosa cambia nella mia vita se un amico non apprezza l’ultimo disco di Steven Wilson? Cosa cambia se invece ascolta Vasco Rossi che io odio con tutto il cuore? Alla prima domanda si potrebbe rispondere che se lui godesse di Steven Wilson quanto ne godo io, poi sarebbe più felice. Altruismo. Forse. Per la seconda non c’è spiegazione; sicuramente non può essere un imperativo morale o alcuna forma di altruismo. Se lui gode ascoltando Vasco, perché dovrei cercare di diminuire il suo godimento?

Andiamo avanti veloce alla risposta: lo facciamo perché siamo fermamente convinti di discutere di dati di fatto. Siamo dei realisti da un punto di vista estetico; riteniamo che la bellezza di un oggetto (o di una musica) sia una sua proprietà intrinseca e quindi, se qualcuno non la vede, vogliamo che la veda. Come se ci trovassimo di fronte a un’automobile e qualcuno ci dicesse che si tratta di un aereo; no diamine, è un automobile. No, diamine, Steven Wilson è uno dei più grandi artisti viventi! Come fai a non vederlo!?

Ok, i gusti si discutono.

Circa. Sono arrivato alla conclusione di dover per forza scindere i concetti di gusto e qualità. Il primo non si discute. Se il mio amico gode così tanto ascoltando Vasco, non ha senso discutere, va bene così. Evidentemente il suo percorso personale, il suo background culturale, la sua cerchia di conoscenze e tutto il resto lo hanno portato a adorare la musica di Vasco Rossi. Chi sono io per discuterlo?

La qualità invece trovo che sia altro. E non sto parlando di “bellezza”, in quanto una composizione può essere di qualità senza dover essere necessariamente definita bella. Parlo di qualcosa che la maggior parte dei grandi conoscitori di musica andrà a definire come “di qualità”, senza dover necessariamente godere ascoltandola. Ma stiamo correndo troppo.

Il vero giudice del gusto

Hume ipotizza l’esistenza di un “vero giudice del gusto”; un soggetto caratterizzato da “un forte buon senso, unito a un sentimento squisito, accresciuto dalla pratica, perfezionato dall’abitudine ai confronti e liberato da tutti i pregiudizi”. Purtroppo un individuo del genere non può esistere. Siamo tutti in un qualche modo compromessi dai nostri gusti, dai nostri pregiudizi, dalla nostra storia. Pensare che una sola persona possa essere giudice delle arti risulta improbabile; e se ne arriva un’altra in disaccordo? Chi ha ragione?

E se ne arriva un’altra ancora?

Questa è la mia teoria: gli esperti in materia sono i veri giudici. Collettivamente. Se io dovessi essere parte di questa cerchia, e non dico di poterlo essere, non sarei comunque attendibile come singolo; l’unica vera valutazione è quella collettiva. Sto parlando di veri esperti; il consumatore medio non è un esperto, DJ Ringo non è un esperto, il grande cultore di musica classica non può essere un esperto universale, così come il metallaro che conosce tutti i testi di Manowar a memoria. Stiamo parlando di individui con una cultura musicale vastissima, eclettica, che conoscono i contesti all’interno dei quali la musica si è sviluppata e che non smettono mai di imparare. Sono fermamente convinto che se identificassimo mille di questi individui, i loro giudizi non sarebbero troppo dissimili, e comunque verrebbero facilmente normalizzati in modo da arrivare alla “verità”. “Il vero giudice del gusto” sotto steroidi.

Ma quali sono i criteri di valutazione?

I criteri di valutazione non sono importanti. Anzi, sono una trappola. All’interno delle stesso macro genere stilare una serie di criteri potrebbe anche funzionare, ma se andassimo a confrontare Mozart e Sting (due grandi artisti di generi assolutamente diversi), risulterebbe molto complicato avere dei criteri univoci. Paga di più l’innovazione o la tecnica? Che il pezzo sia complesso o orecchiabile? Un artista che fa sempre la stessa cosa, ma dannatamente bene, vale davvero meno rispetto a uno in continuo mutamento? E l’elemento culturale? Tutto questo non importa. Importa solo la qualità.

Qualche esempio

È meglio Message in a Bottle dei Police o Sei Un Mito degli 883? Risposta ovvia, ma perché? Perché i Police sono meglio degli 883? Perché Sting è meglio di Max Pezzali? Forse perché Sting suona sassofono, contrabbasso, chitarra, basso e pianoforte, mentre Pezzali suona il citofono? (cit. Musicassetta) Anche. Ma chi lo decide? Quello che risponde Sei un Mito perché preferisce la voce di Max a quella di Sting sbaglia qualcosa? No, nel senso che può preferire quello che vuole; sì, nel senso che la sua preferenza non può andare a inficiare lo scontatissimo giudizio degli esperti.

E ho preso appositamente due pezzi relativamente semplici e mainstream in modo da non essere tacciato di eccessivo snobismo o elitismo. Confrontare 21st Century Schizoid Man dei King Crimson con Toxic di Britney Spears sarebbe stato terribilmente snob; il solito confronto tra un pezzo di avanguardia con quello pop commerciale. Posto che nel suo genere Toxic non è affatto male, ma la solita platea di esperti difficilmente la salverebbe.

E se invece prendiamo qualcosa di un po’ estremo come Sequenze e Frequenze di Battiato? Non posso certo dire che mi piaccia, o che mi faccia godere all’ascolto, ma posso onestamente considerarlo interessante, rilevante e talvolta anche appagante. È certamente musica di qualità e senza dubbio la maggior parte degli esperti concorderebbe.

E se confrontiamo due mostri sacri?

La mia teoria non fornisce una risposta definitiva e forse va bene così. Mozart o Beethoven? Led Zeppelin o Deep Purple? Police o Depeche Mode? Talk Talk o Joy Division? David Gilmour o Roger Waters? Daft Punk o Chemical Brothers? Non credo che esisterebbero maggioranze schiaccianti da questo punto di vista, e perché dovrebbero esistere? Non stiamo facendo un’improbabile classifica di fine anno, dettata appunto dal nostro gusto personale; gli esperti servono per identificare la qualità, poi confrontare qualità con qualità risulta complicato.

Ma questi gusti si discutono o no?

Sempre e mai. Let’s Talk About Love mi ha insegnato che è necessario rispettare i gusti di tutte le persone. Perché sono onesti, sinceri, vengono da dentro, anche se l’oggetto del loro amore fosse quello che ritenete essere il peggior artista della storia. Povia è meglio di Mozart? Edonisticamente parlando per qualcuno può esserlo, se gli procura più godimento. E va rispettato in quanto il suo giudizio è certamente sincero, per quanto esclusivamente soggettivo.

De Gustibus invece è riuscito a darmi gli strumenti per sviluppare una mia teoria. Il libro si conclude con l’autore ormai ottantenne (morirà solo due anni dopo) che conferma la sua tesi: discutiamo di questioni legate al gusto perché le riteniamo dati di fatto e siamo quindi dei realisti da un punto di vista estetico. A questo punto si chiede se questo realismo estetico abbia delle basi; questa convinzione è tutta nella nostra testa oppure esistono delle valutazioni estetiche oggettive? La domanda rimane aperta, per un altro libro, forse un’altra vita, ma lascia intendere che la sua linea sarebbe stata quella di cercare una teoria che ne sostanzia l’esistenza.

Io ho formulato la mia. In presenza di un gruppo di veri esperti di musica (perché parliamo di musica, ma il discorso è estendibile a tutte le arti), le cui caratteristiche ho definito nei paragrafi precedenti, sarà possibile determinare con certezza cosa è musica di qualità e cosa non lo è. Sarà possibile dirimere la maggior parte delle controversie legate al valore degli artisti e delle loro composizioni; con la sola eccezione di quelle tra artisti di assoluto valore per i quali immagino che un consenso sarà difficile da raggiungere.

Quindi?

Quindi sono riuscito a legittimare il mio essere uno snob musicale. Almeno per me stesso. Trovo assolutamente inaccettabile che si possa considerare Povia sullo stesso piano di Steven Wilson; con ogni singolo essere umano giudice supremo dall’alto del proprio gusto personale. Puoi tranquillamente dirmi che preferisci Povia, mi dispiace per te, ma è un tuo diritto. Non potrai mai dirmi che Povia è meglio di Wilson perché gli esperti saranno sempre dalla mia parte.

“Il gusto è soggettivo, la qualità no.” – Lemmy Kilmister

Luca Di Maio

5 2 votes
Article Rating