Avevo snobbato l’uscita solista del cantante dei Leprous Einar Solberg forse per due motivi: l’ultimo disco del gruppo norvegese non mi aveva entusiasmato (anzi, deluso moltissimo dopo la meraviglia di Pitfalls) e onestamente essendo Einar una sorta di sovrano del gruppo, non mi aspettavo nulla di molto fuori dagli schemi. Mi sbagliavo.

16 è un disco spocchioso quasi quanto Einar stesso, ma con l’accezione più positiva possibile. Si apre con un pezzo voce / violoncello che ci porta nelle avanguardie minimaliste stabilendo le coordinate. Successivamente torna su territori più tipicamente ultimi Leprous, per poi portarci nuovamente a spasso per il funk, l’elettronica di avanguardia, il metal, il pop, le orchestrazioni progressive, e tanto altro. È un disco eclettico pur mantenendo una sua identità organica che lo rende comunque molto accessibile per i fan del suo gruppo principale. Una chicca.

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