Federico Albanese è il compositore italiano contemporaneo più famoso nel mondo dopo Einaudi, ma a casa nostra risulta inspiegabilmente quasi inesistente. Fortunatamente Berlino lo ha accolto a braccia aperte e da quasi dieci anni è in grado di diffondere la sua arte nel mondo.

La sua carriera si intersecherà spesso con quella del nobile pianista Torinese tramite alcune collaborazioni, e soprattutto grazie al progetto dream pop La Blanche Alchimie assieme alla figlia Jessica Einaudi (il disco Galactic Boredom è da recuperare). E quando si è trattato di portare avanti la sua idea di musica è andato filosoficamente a braccetto con il più noto collega; anche se spesse volte mi sento di dire lo abbia addirittura anticipato nelle sue contribuzioni alla vivissima corrente neoclassica (o come preferisco io, Post-Classica) contemporanea.

Albanese fa un sapiente uso di un’elettronica mai invadente, e utilizza gli archi con cura massimizzando l’impatto emotivo per generare dei climax non dissimili da quelli del mondo Post-Rock. I suoi tre dischi sono degli affreschi aperti, ampi, eleganti, che evocano immagini della natura, del cielo, dello spazio e portano a sognare. Nel 2021 ci ha però fatto dono di qualcosa di diverso.

Fredenwalde – Teil I è un EP della durata di 16 minuti uscito meno di un mese prima dell’annuncio del suo quarto album, in arrivo il 25 febbraio. I cinque movimenti che lo compongono rischiano di essere presto dimenticati a causa della promozione del nuovo disco, ma non se lo meritano. Si meritano un ascolto attento, silenzioso, concentrato, alla finestra.

La finestra è però statica, e anche se mostra uno spazio aperto, è comunque finito; una sorta di natura morta. Dalla finestra ci possiamo voltare indietro e guardare all’interno della casa, ai soffitti, alle scale, alla stufa; ma senza alcuna claustrofobia, perché appunto c’è la finestra. La finestra è attesa, la finestra è natura, la finestra è possibilità.

Il disco è ispirato a un soggiorno del compositore e la sua famiglia in un casolare a nord-est di Berlino avvenuto nell’Aprile 2021; e restituisce alla perfezione un senso di perenne sospensione. E appunto in contrapposizione ai suoi lavori precedenti, evoca ambienti chiusi senza però risultare claustrofobico. Il passaggio da Morning e Willmine è una transizione da dentro a fuori, con lo sguardo che si sposta verso uno spazio aperto contornato da una nebbia bianca abbagliante. Gli archi sono centellinati e in Meridian culminano con questa sensazione di lunghissima attesa per qualcosa che forse non verrà mai. Per il resto è il suo piano a occupare una scena che non sembra occupata per niente; una scena silenziosa, ma piena di vita.

Silenzio riporta infatti da questa parte della finestra con i rumori della casa, un bambino, dei passi; quasi come se Albanese avesse il suo piano di fronte a quella finestra, con la vita attorno a lui che procede nella sua normalità. E ovviamente, a chiudere tutto troviamo Attesa, che poi non chiude nulla, perché una finestra non è mai chiusa del tutto quando basta spostare una tenda per scorgere qualcosa che può ricordare l’infinito.

E l’infinito lo troveremo forse nel nuovo album Before and Now Seems Infinite, anticipato dal singolo The Quiet Man. Assolutamente diverso da Fredenwalde – Teil I, con la sua impostazione jazzata che dimentica la sospensione e la finestra, lanciandosi in quella Berlino che sembrava così lontana, ma che era solamente al di là della nebbia.

Luca Di Maio

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