Nuovo episodio di “Fosforo”. L’obiettivo è sempre quello di ricordarvi cose, punzecchiare la vostra mente, focalizzare la vostra attenzione e svegliarvi dal torpore. Oggi trovate quattro pillole da tre MangiaCassette diversi.
Come sempre ci facciamo aiutare da supporti video e dalla playlist “Fosforo” che aggiorneremo ogni volta con le nuove pastiglie dell’elemento miracoloso.
Fosforo sta avendo un suo un suo sviluppo anche sul nostro sempre più seguito canale Instagram. Stiamo producendo dei brevi video nelle storie in cui parliamo degli stessi temi e condivideremo immagini di video, citazioni e altro materiale.
E ora andiamo avanti.
Rotersand: i forgiatori
Dopo essermi avventurato in territori da me inesplorati e per un certo verso oscuri negli scorsi episodi di Fosforo, stavolta rientro con decisione nella mia confort zone: l’EBM.
Lo faccio sfruttando l’uscita del nuovo singolo Grey dei Rotersand: una delle più importanti band industrial/futurepop degli ultimi anni. Il progetto tedesco nasce dalle menti del produttore/musicista Gun e del cantante Rascal Nikov; ai quali si unisce ben presto il produttore di musica dance DJ Krischan J.E. Wesenberg.
I Rotersand fanno con la musica quello che un fabbro fa con una spada: un semplice blocco d’acciaio viene forgiato con il fuoco diventando un’arma affilata e perfetta. Partono da grezze sonorità industrial che, plasmate con grazie all’aggiunta di dance e talvolta anche di pop, si trasformano in un sound fresco, moderno e deciso.
Ho avuto la fortuna di riuscire a vederli all’inizio della loro carriera di supporto ai più conosciuti Covenant. Quel concerto ce l’ho ben stampato in testa grazie a una esibizione magistrale dotata di una carica pazzesca nonostante un pubblico non di certo numeroso. Rascal Nikov è un leader carismatico e gigantesco animale da palco dal quale ricevo anche una spallata, per fortuna amichevole, durante una sua discesa in mezzo al pubblico.
Da allora i Rotersand continuano a macinare album di ottima fattura, dal buono all’ottimo, e il nuovo singolo Grey ne è il perfetto esempio.
(Fabio Baroncini)
Lo spoken word dei Dry Cleaning
Durante il lockdown dello scorso anno ho trascorso molto tempo ad ascoltare musica sia per la congenita dipendenza da pentagramma, sia per avere una fonte di endorfine in quel terrificante momento della nostra vita. Curiosando qui e lì mi sono ritrovata ad ascoltare una band, i Dry Cleaning, che mi ha molto colpito come una sorpresa di Natale di quelle belle assai.
Oggi vi parlo appunto di questo quartetto londinese nato nel 2018 e formato da Tom Dowse alla chitarra, Lewis Maynard al basso, Nick Buxton alla batteria e Florence Shaw alla voce; che nel 2019 ha pubblicato due EP Sweet Princess e Boundary Road Snacks and Drinks.
Dopo il successo ottenuto con questi due dischi, all’inizio del 2020 hanno cominciato un tour poi interrotto a causa della maledetta pandemia da coronavirus che tanto ci ha tolto. Intanto però i quattro ragazzuoli non si sono fermati: hanno firmato per la 4AD, storica e importantissima etichetta indipendente britannica del post punk, e si sono dedicati al loro album di debutto New Long Leg uscito il 2 aprile di quest’anno; prodotto da John Parish già produttore di PJ Harvey.
I Dry Cleaning suonano un post punk condito da influenze new wave, brit pop e psichedelia, con riff classici dell’hardcore e tutto a sostegno dello spoken word della Shaw. Voce suadente e avvolgente, racconta storie improbabili che parlano con naturalezza di aglio e paesaggi cinesi, oppure recita testi impegnati riguardanti la Brexit, o ancora pronuncia parole che si accavallano rabbiose raccontando l’isolamento e la paranoia. Qualunque sia il tema trattato nelle canzoni, Florence lo narra con la stessa capacità di convincimento per chi l’ascolta, senza mai urlare o cercare di imporre la sua voce sulla bellissima musica suonata dai suoi compagni e che l’accompagna con la stessa sicurezza.
L’ambiguità che caratterizza le “parole dette” della cantante è sottolineata anche dal titolo dell’album, che come ha dichiarato lei stessa può indicare un regalo costoso così come un tavolo da riparare; originale e non poco direi.
Anche perché, così come il canto è un talento, anche la capacità di raccontare parlando sulla musica è un talento e la nostra Florence lo possiede eccome. E pensare che quando è entrata nella band si era ripromessa di imparare a cantare!
I Dry Cleaning sono una gran bella realtà e il loro disco si candida a pieni voti già in aprile a un posto in molte top ten ventiventuno.
Fidatevi.
(MaRo)
MONO: la musica classica del rock
I Giapponesi MONO sono indubbiamente tra i gruppi più importanti della scena post rock mondiale e stanno continuando a confermarlo senza sosta.
Nel 2019 ci hanno deliziati con Nowhere, Now Here; album che piazzai al quarto posto dell’anno, ma che col senno di poi potrebbe anche scalare tutte le posizioni che gli erano rimaste. La loro musica è confinata nell’universo post rock per l’assoluta impossibilità di identificare una categoria più adeguata, tuttavia suonano altro. Le influenze dei primi Godspee You! Black Emperor sono evidenti, in particolare nel continuo rimpallo tra chitarre distorte e violini, ma lo sviluppo delle loro composizioni si avvicina molto di più a quello della musica classica.
I loro pezzi più articolati sono infatti delle vere e proprie sinfonie rock, mentre quelli più asciutti potrebbero essere delle avvolgenti colonne sonore. Le sinfonie giocano prima di tutto sui contrasti: lunghi silenzi seguiti da esplosioni di riff furiosi e batteria martellante, violini suadenti accompagnati da distorsioni graffianti, tastiere avvolgenti e feedback pazzeschi. Producendo tal volta degli estenuanti tour de force che arrivano anche a superare i venti minuti di furia calcolata estremamente emotiva.
Il tutto raggiunge il suo apice nelle loro esibizione con le orchestre. Poche settimane fa è uscito Beyond the Past – Live in London with the Platinum Anniversary Orchestra: loro e un’orchestra di archi intenti a stordirci per due ore con una violenza sonora inaudita. Non sono mai stato un grandissimo amante del connubio rock e orchestra in quanto il più delle volte il risultato si riduceva a delle versioni spompate di pezzi rock/metal; il lavoro dei MONO riesce invece a rendere la loro musica ancora più grande, ancora più emotiva e ancora più violenta.
Artisti dei generi più disparati cercano di fregiarsi dell’etichetta ossimoro “nuova classica”, spesso assolutamente a sproposito. I MONO se la meritano senza appello e lo fanno con chitarre ultra-distorte, basso e batteria incessanti e degli archi da lacrime agli occhi. L’unico video tratto dal disco appena uscito ne è tangibile dimostrazione.
(Luca Di Maio)
IAMX: un crimine non conoscerlo
Sono colpevole di almeno due crimini. Uno è quello di essermi divorato la serie How To Get Away With Murder con qualche anno di ritardo; lavoro meraviglioso pervaso da una soundtrack di qualità eccelsa che calza a pennello con lo stile e gli argomenti trattati. E proprio grazie a lei, e a Shazam, scopro il mio secondo crimine: non conoscere IAMX. Lui è Chris Corner (ex Sneaker Pimps), britannico che vive a Berlino, dove ha potuto sviluppare con più libertà il suo progetto solista.
Estremamente teatrale e oscuro, riflette la sua personalità cantando di ossessioni, omicidi, turbe emotive, abuso di sostanze, sesso ed erotismo; il tutto sfruttando un sound electro/synthpop tremendamente cupo, con influenze darkwave anni 80 ringiovanite e portate ai giorni nostri. Gli album di IAMX trasudano sofferenza pura, disperazione, voglia di urlare qualcosa, voglia di dire che non siamo tutti uguali, ma che c’è posto per tutti, bisogno di rispetto e di libero arbitrio.
Se avete amato How To Get Away With Murder la sua voce non vi suonerà nuova. Nel caso in cui non l’abbiate vista, ma foste degli appassionati di elettronica in genere, ricordatevi che non conoscere IAMX è decisamente un crimine. Fosforo vi dà la possibilità di rimediare.
(Fabio Baroncini)