Ho conosciuto Francesco Piccolo poco più di un anno fa grazie al Talk del Post e fu amore a prima vista. È in grado di farmi morire dal ridere e allo stesso tempo colpirmi con una riflessione devastante, tutto nella stessa frase; giusto Woody Allen mi fa un effetto simile. In un anno ho letto tutti i suoi libri a parte La Bella Confusione, e li ho trovati quasi tutti splendidi; in particolare consiglio sempre La Separazione del Maschio, L’animale che mi porto dentro e Il Tempo Imperfetto. Tuttavia, di recente ho visto a teatro lo spettacolo sui Momenti Trascurabili e mi è venuta voglia di parlare di questa sua strana trilogia.
Si tratta di tre volumi di un centinaio di pagine che raccolgono appunto momenti di varia natura. Momenti che possono essere descritti in due righe o in una manciata di pagine. La loro trascurabile felicità o infelicità sfuma sempre rispetto al punto di osservazione del fenomeno descritto, come nella storia del Giapponese. Piccolo racconta di un insopportabile bambino giapponese comparso nella casa di famiglia per portare caos e delirio. Immagino rappresenti l’arrivo del suo secondo figlio e nonostante sia una storia di grande stress parentale (infelicità?), mi riesce difficile non scorgere anche della gioia nello stress descritto (felicità?).
Se stessi leggendo una descrizione di questo genere, penserei di trovarmi di fronte al classico libro paraculo un po’ democristiano; che celebra le piccole cose, che si può leggere distrattamente, che dispensa filosofia spicciola, che io di solito odio, proprio come concetto. E invece no, o cioè sì, forse è così, ma bello. Davvero bello.
La sua voce è riconoscibilissima in ogni sintagma, tanto che a Teatro, dove si è esibito assieme a Pif, mi sono trovato in continuo cortocircuito nel sentire l’ex iena leggere le parole di Piccolo. Il mio cervello cercava di modellare quel suono nella più giusta voce dell’autore casertano senza riuscirci interamente.
Autore drammatico preferito che potrebbe fare stand-up comedy senza rubare niente a nessuno. Gigante.