In questi giorni è stata pubblicata un’edizione speciale de La Voce Del Padrone per festeggiare i quarant’anni di un disco semplicemente rivoluzionario nel panorama musicale italiano. Uscito nel 1981, superò il milione di copie vendute con brani innovativi sia nel testo che nella scrittura musicale, tanto da rimanere un po’ basiti per questo successo, non essendo l’ascoltatore medio italiano particolarmente propenso a cogliere le novità valide, ma neanche particolarmente educato a questo.

Pop, punk, elettronica e new wave sono gli stili che impregnano questo disco suonato anche con strumenti innovativi come il vibrafono, l’utilizzo di archi come si fa una composizione orchestrale, il synth e il sequencer che rendono ballabili e facili all’ascolto tutte le canzoni.

Se puntate il dito verso l’elenco dei sette brani che vi sono contenuti, come per indicare un posto a caso sul mappamondo in cui andare, beccherete sempre un pezzo unico, un pezzo rimasto nella memoria di ciascuno di noi tanto che alcune delle parole fanno oramai parte del linguaggio parlato.

Il titolo mostra un atteggiamento snob che ci piace assai perché fa riferimento a La Voce Del Padrone omonima casa discografica, ma anche alla teoria filosofica di Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo e musicista armeno che identificava la “Voce Del Padrone” come la coscienza del singolo individuo.

Battiato pubblicò questo disco dopo altri tentativi di sperimentazione di nicchia con suoni elettronici e testi parecchio cervellotici, ma questo album lo ha consacrato nel panorama musicale italiano come un vero innovatore, uno dei pochi ad aver davvero segnato la storia e, perché no, l’evoluzione di una musica pop tendenzialmente scopiazzata da ciò che accadeva in altri posti del mondo.

Dicevamo, le tracce sono sette e sono caratterizzate anche da citazioni auliche come il riferimento all’adorniano “Minima moralia”, che il Maestro trasforma in “Minima Immoralia”; ma anche da citazioni più popolari come “il mondo è grigio il mondo è blu”, preso testualmente da una canzone di Nicola Di Bari che con Battiato non ha molto in comune.

Proviamo ad aprire la porta a trentuno minuti di una sprezzante e realistica descrizione della società degli anni 80 che serenamente potrebbe essere applicata all’attualità, accompagnata da un incessante ritmo che è proprio di quasi tutti i brani del disco.

Summer on a Solitary Beach è un viaggio psichedelico che rievoca paesaggi caldi, estivi, forse ispirati a luoghi della sua terra natìa, tutto descritto con un ritmo frenetico e con alcune frasi che sembrano non avere senso, ma che hanno un significato musicale intenso.

La narrazione musicale prosegue con la mitica Bandiera Bianca: critica cruda di una società arrivista, capitalista, con una politica superficiale ed egoista. Comincia con un riferimento a Bob Dylan, che l’autore chiama Mister Tamburino, e prosegue con citazioni di Figli delle Stelle, riferimenti alla televisione politicizzata e con poco servizio sociale, alle dipendenze della pubblicità e del dio denaro. Quello che una volta si chiamava “ritornello” è una sorta di resa incondizionata alle brutture del tempo che viene enfatizzata dal canto del coro degli alpini. La mia frase preferita è “per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con tribune elettorali” che dovremmo tatuarci tutti sulla fronte in modo da poterla leggere ogni volta che incontriamo qualcuno.

A questa quasi rassegnata accettazione della realtà segue Gli uccelli, pezzo assai introspettivo e intimo che comincia con un ensamble di archi, ci introduce poi a un’ambientazione surreale e usa la metafora degli uccelli che fanno “giochi di aperture alari che nascondono segreti” per indicare che a volte bisogna concentrarsi su sé stessi per conoscersi e costruttivamente criticarsi per poi finalmente compiere “geometrie esistenziali”.

Cuccuruccuccù ha una intro spaziale. E’ il tripudio del citazionismo misto ai ricordi di gioventù che arriva a livelli di nonsense geniale e indimenticabile: “il mondo è grigio, il mondo è blu”!

Arriva subito dopo Segnali di vita, un vero  capolavoro, una mistica riflessione sul tempo, sul cambiamento, sull’io che fa parte di una società che determina le regole e che evoca poesie del 900 nella descrizione dei luoghi. Tutto questo su un meraviglioso tappeto musicale che a volte quasi sparisce per sottolineare le parole cantate dal Maestro.

Centro di gravità permanente è il brano portante del disco ed è il perfetto connubio fra cultura, pop, musica, sperimentazione, testo, nonsense, citazioni, snobbismo e anche il video è una bomba colossale. Il centro di gravità permanente è un riferimento al tormento di Battiato descritto con la definizione che Gurdjieff dà di un uomo che agisce meccanicamente e che cerca appunto quella dimensione in cui poter ritrovare il suo equilibrio.

Con Sentimento Nuevo il disco si chiude in bellezza: descrizione quasi lirica di un amore carnale, fisico, sessuale, erotico, apparentemente spensierato ma che si sviluppa su approfondite conoscenze filosofiche e classiche e racconta questa pulsione erotica in modo sublime che sembra scorrere su una ballata semplice solo se si è superficiali.

Ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo.

MaRo

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