Il giorno della morte di Freddie Mercury (24 Novembre 1991) avevo appena otto anni e fino ad allora non avevo avuto una reale coscienza della sua esistenza. Tuttavia la risonanza mediatica che ne seguì fu tale che anche un bambino come me, che si stava già affacciando al mondo del rock, non poté ignorarla.

Ho iniziato in modo strano: era morto Freddie Mercury, eppure dei Queen non avevo mai sentito parlare. Così quando andai nel negozietto di paese che noleggiava i CD (sì, per un breve periodo si potevano noleggiare i CD, e in epoca pre-masterizzatore provate ad indovinare su quale supporto venivano copiati?) presi qualcosa di Freddie Mercury e niente dei Queen.

Mi capitò per le mani The Freddie Mercury Album (sì, è uscito a un anno dalla sua morte, evidentemente i miei ricordi sono un po’ confusi), famoso per contenere il primo dei remix di Livin’ on My Own, che fu il pezzo dell’anno tra il ’92 e il ‘93. Solo molto tempo dopo mi resi conto che era una canzone inclusa nel suo primo e unico disco solista Mr. Bad Guy del 1985, remixato e rilanciato per l’occasione, ma per me era oro. Continuai poi a cercare roba di Freddie Mercury e mi capitò per le mani un triplo live intitolato Remember Freddie: uno strano disco dal vivo uscito solo in Italia che altro non è che una selezione di pezzi presi da vecchi dischi e bootleg dei Queen. Ecco i Queen, ci ho messo un po’ a capire che Freddie non era solo, anche se forse soltanto dopo aver capito che non era solo, ti rendi conto di quanto lo fosse in realtà. Ma vado troppo avanti: i Queen.

Seguì un turbine di CD copiati e tutti i loro più grandi cavalli di battaglia rigorosamente imparati a memoria. Considerate che interpretai Freddie Mercury alla recita di quinta elementare, giusto per capire quanto ero fulminato. Poi nella mia vita arrivò il metal, che mi portò via dai Queen e non diventai mai l’esperto che potevo essere. Chiaramente ho finito per ascoltarli lo stesso, ma se è vero che conosco per nome tutti i peli del culo di Bruce Dickinson, non è lo stesso per quelli di Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor.

Con il senno di poi, dato da quasi trent’anni di ascolto ossessivo di musica rock e senza i paraocchi da super fan, trovo i primi Queen relativamente sopravvalutati. I pezzi migliori per me sono, manco a dirlo, quelli più rock (qualcuno ha detto Liar?), mentre quelli più beatlesiani pieni di armonie vocali mi stancano molto velocemente, ma si tratta di puro gusto personale. Bohemian Rhapsody è e rimane uno dei pezzi migliori mai scritti, e non lo dico perché va detto, lo dico perché è così. A volte l’opinione pubblica ha ragione, non bisogna essere snob per forza. Però, in generale, i Queen migliori per me sono gli ultimi: The Works, A Kind of Magic, The Miracle, e soprattutto Innuendo, sono dei dischi superlativi. Sarà per The Show Must Go On e la sua tragica anticipazione, sarà perché I’m going slightly mad è uno dei pezzi più ipnotici della storia (insieme al suo video), sarà per il film e la serie TV Highlander, ma quel periodo è quello che ancora oggi ascolto più volentieri; nonostante da malato di progressive A Night at the Opera dovrebbe essere il mio preferito (comunque album meraviglioso).

Poi c’è Freddie. Basta guardare Live Aid per capire cosa è stato. Una presenza scenica incredibile. Ogni suo minimo movimento ipnotizzava il pubblico, non potevi fare a meno di seguire ogni sua singola mossa. Era eccentrico senza reale bisogno di esserlo, gli bastava salire sul palco in jeans e maglietta per avere tutti ai suoi piedi comunque. Senza parlare della voce, uno dei rari esemplari a essere meglio dal vivo che in studio.

Poi la morte, il disco postumo (evitabile, come tutti i dischi postumi), il silenzio, e il nuovo ritorno di May e Taylor con Paul Rodgers. Ci poteva anche stare. Hanno scritto un disco di inediti, girato il mondo, il nome Queen gli stava decisamente abbondante, ma non erano di certo una scimmiottatura considerando che la voce di Rodgers non poteva essere più diversa da quella di Freddie. Ma l’arrivo di Adam Lambert invece no, questo no. Freddie era la genuinità fatta persona, era carisma naturale unito a incredibile voce naturale. Lambert è un prodotto costruito. Non mi interessa la sua abilità vocale, se le emozioni che trasmette sono livello Steven Seagal. Brian May può dire quanto vuole: che Freddie lo avrebbe approvato, che ha più estensione di lui, eccetera; tanto lo sappiamo che non ci crede nemmeno lui e che sta solo contando i soldi derivanti da tour fatti di date inspiegabilmente sempre tutte esaurite.

L’unico che poteva prendere il posto di Freddie non lo ha mai fatto se non in qualche canzone tributo, e adesso non c’è più nemmeno lui. Sì, sono di nuovo scontato: George Michael. Come sopra spesso fare gli snob non paga, a volte le risposte giuste sono le più semplici. A proposito, nella cassetta trovate una versione di Somebody to Love dove è letteralmente indistinguibile dall’originale. Provate a dire il contrario. Parlando di tributi, ci trovate anche un duetto su Bohemian Rhapsody di Bruce Dickinson e della soprano Monserrat Caballé; Bruce non avrebbe potuto sostituire Freddie (attitudine e voce troppo diverse), ma riesce a far commuovere quasi quanto lui.

Arrivati ad oggi pochissimi italiani viventi possono dire di aver visto i veri Queen dal vivo in quanto le uniche date italiane sono avvenute il 14 e 15 Settembre 1984 a Milano; ci rimangono i musical, i film e Adam Lambert. Brian May lo considero un chitarrista abbastanza sopravvalutato (e non significa che sia un pessimo chitarrista, significa che senza gli altri tre probabilmente non avremmo così ben presente i suoi riccioloni), Taylor è sempre stato un gregario e John Deacon, pesantemente sottovalutato sia come autore che come bassista, si è giustamente ritirato dopo la morte di Freddie.

Con questo non so veramente cosa voglio dire. Probabilmente voglio semplicemente dire che i Queen sono morti con Freddie e che non li riavremo mai più. E che la prossima settimana andremo tutti a vedere Bohemian Rhapsody sperando di poter catturare almeno un briciolo di quella magia che sono riusciti a creare, e con un po’ di ottimismo quel briciolo lo cattureremo anche. Tuttavia il mio consiglio è di fare come ho fatto io per creare la cassetta: riprendete in mano i loro dischi, non i Greatest Hits, ma quelli veri con decine di canzoni che non avete mai sentito, e ne scoprirete delle belle. 

Luca Di Maio

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