Sono arrivato ai Godspeed You! Black Emperor da poco tempo. Non deve essere stato più di sei o sette anni fa quando provai ad ascoltare i pezzi di Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven senza riuscire ad arrivare alla fine di nessuno. Mi mancavano le basi, il Post-Rock che ascoltavo era ancora relativamente orecchiabile (God is An Astronaut, Maybeshewill, e similari), non ero pronto. Poi nel giro di un paio di anni sono partito dalle origini del genere e ho iniziato a trovare i loro lavori semplicemente perfetti. Ma dal vivo è un’altra cosa.

Dal vivo la perfezione è immediata nonostante ci aspettino composizioni che si aggirano attorno ai venti minuti, che ci siano dissonanze, rumorismi, ripetizioni e totale assenza di protagonismo. Detta così sembra quasi impossibile che possano venire in Italia e in pochi giorni riempire tre club da qualche migliaio di posti, ma lo fanno. E lo fanno perché sono la perfezione.

La perfezione è emotiva, spiegata in maniera eccellente da questa loro citazione che ripeto sempre fino alla nausea:

“Provavamo a fare musica pesante con gioia. C’erano un sacco di gruppi che reagivano alle difficoltà del periodo facendo musica pesante lamentosa che suonava falsa. Noi odiavamo quella musica, odiavamo il fatto che privilegiasse i tormenti individuali, volevamo fare musica come quella di “Friends and Neighbours” di Ornette Coleman; un gioioso, difficile rumore che riconosceva le condizioni attuali, ma passava anche oltre allo stesso tempo. Una musica per tutti noi assieme. Odiavamo l’essere riconosciuti come una roba per depressi, ma sapevamo che la causa era il bagaglio degli altri, non il nostro. Per noi ogni canzone cominciava con il blues, ma puntava al paradiso verso la fine; perché come potevi trovare il paradiso senza prendere atto del blues attuale?”

Sì, perché all’apparenza è tutto malinconico, opprimente, anche angosciante, ma poi tutto monta, cresce, si espande, si apre, e… catarsi! Inevitabile. I crescendo emotivi sono un classico del Post-Rock strumentale, talvolta stancano nella loro prevedibilità, mentre nei GY!BE la perfezione sta proprio nella loro prevedibilità. O nella loro sorprendente assenza.

La perfezione è anche concettuale. Ancora una volta è dai primi anni novanta che i collettivi Post-Rock cercano di eliminare il protagonismo dal rock, ma nessuno ci è mai riuscito con l’efficacia dei GY!BE. Disposti a semicerchio, dialogano di continuo tra di loro come se fossero una piccola orchestra jazz, e le proiezioni. Ritenere il proiezionista un membro paritetico del gruppo può essere all’apparenza un gesto quasi snob, ma alla fine non potrebbe essere altrimenti. Pellicole, proiettori, tutto analogico, i giochi e i cambi continui; lo spettacolo non sarebbe la stessa cosa senza di lui. Cambiando genere trovo che gli Iron Maiden senza tutta la scenografia sarebbero sempre gli Iron Maiden, mentre i GY!BE si troverebbero come senza una voce.

La scaletta è stata incentrata sull’ultimo G_d’s Pee AT STATE’S END!, suonato quasi nella sua interezza, anche se escludendo quello che ritengo essere il suo pezzo forte (“GOVERNMENT CAME”). Con un passaggio nel bellissimo Luciferian Towers, e una chiusura affidata a una sezione di Static e alla monumentale Blaise Bailey Finnegan III. Parlando di Iron Maiden, proprio l’ultimo pezzo contiene il testo di Virus recitato dal protagonista, che porta un nome piuttosto simile a quello dell’allora cantate dei Maiden Blaze Bayley.

Ma avrebbero potuto suonare qualsiasi cosa. Dopo aver inventato il genere tra F A e Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven, il resto della loro discografia è stato una sorta di continua rielaborazione di quanto già prodotto. Ma sempre di qualità eccelsa, con una carica musicalmente politica in grado di trascinare tutti nell’abisso con loro per poi puntare appunto al paradiso.

Non posso dire che un loro concerto sia per tutti, perché richiede una certa attenzione e una certa voglia di farsi coinvolgere emotivamente. Ma passato questo scoglio si tratta di una delle esperienze catartiche più incredibili che si possano fare. Io ne voglio ancora.

Luca Di Maio

Questa è la setlist del concerto.
Manca Hope Drone, classico pezzo che suonano in apertura, ma mai incisa. E di Static hanno suonato solo la sezione World Police and Friendly Fire.

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