Il 2018 è stato un anno di tutto rispetto per il cinema italiano. Abbiamo avuto la fortuna di accogliere grandi ritorni, grandi sorprese, grandi debutti e, come sempre, c’è stata anche qualche grande delusione. Guardando alle nomination dei David di Donatello questo è riflesso con una precisione cristallina, purtroppo però dopo l’annuncio dei vincitori il cristallo ha iniziato a incrinarsi pericolosamente.

Il trionfatore è stato Matteo Garrone con il suo Dogman, mentre i grandi delusi sono sicuramente stati Luca Guadagnino e Alice Rohrwacher. Non voglio dire che il film sul canaro non sia degno di nota, ma che Chiamami col tuo nome e Lazzaro Felice lo sono semplicemente di più su quasi tutta la linea. Il mio pronostico puramente artistico infatti era: Miglior Film e Miglior Sceneggiatura non Originale per il lavoro di Guadagnino, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale per la Rohrwacher, Miglior Fotografia per Dogman (anche se al fotofinish con Lazzaro Felice). Invece ha vinto praticamente tutto Dogman.

Alice Rohrawacher, dopo due lavori validissimi come Corpo Celeste e Le Meraviglie, ha raggiunto la piena maturità con la storia di Lazzaro. Un film incantevole che usa espedienti di fantasia per raccontare la mezzadria e quanto poco le cose sono cambiate ai giorni nostri nonostante le apparenze. La sceneggiatura dice e non dice tutto in modo perfetto, riuscendo a far brillare addirittura Nicoletta Braschi. Averlo girato tutto su pellicola riesce a renderlo ancora più fuori dal tempo in tutte le sue fasi. Guadagnino ha invece portato sul grande schermo una delle storie d’amore meglio riuscite degli ultimi vent’anni. Oliver e Elio dovrebbero essere ricordati quanto Rhett e Rossella nonostante un film di profilo molto più basso, quasi sussurrato, ma allo stesso tempo urlato a gran voce.

Dogman invece parla del canaro pazzo. Non voglio minimizzare troppo, ne ho sicuramente apprezzato l’approccio neorealista e la fotografia, ma sia la regia che soprattutto il contenuto non sono all’altezza degli altri due titoli. Per assurdo l’altro premio che avrebbe dovuto vincere, ovvero per l’interpretazione di Marcello Fonte, l’ha perso contro Alessandro Borghi e il suo Stefano Cucchi.

Il che mi porta a un altro punto. Sulla mia pelle è un film encomiabile sia per i contenuti, che per il messaggio che vuole lanciare, ma da un punto di vista cinematografico non è nemmeno sullo stesso piano di esistenza degli altri titoli menzionati fino a ora, o degli altri nominati in quasi tutte le categorie (a parte il film su De Andrè, lì siamo decisamente in basso). Anche il non riuscitissimo Euforia di Valeria Golino è palesemente di tutt’altra caratura. Alessio Cremonini ha fatto un buon esordio, ma vedere Sulla mia pelle candidato come miglior film suona più una mossa politica che artistica.

Appunto, la politica. Parliamo di politica cinematografica in quanto è ormai evidente da tempo che i grandi premi sono spesso una questione di lobby e case di produzione, più che di reali meriti artistici; lo dimostrano anche gli ultimi Oscar con l’assurda mancata vittoria di Roma rispetto a Green Book. Ai David sembra sia successo qualcosa di simile: Dogman ha avuto una risonanza mediatica fuori dal comune, è stato proposto per gli Oscar e per i BAFTA, e difficilmente avrebbe potuto non vincere tutto in Italia. Sulla Mia Pelle gode dello stesso beneficio grazie alla sua forte denuncia ed è aiutato molto dall’essere il primo film italiano prodotto da Netflix ad avere questa esposizione. Fortunatamente non si tratta di film senza alcun merito, ma un grande numero di elementi extra-artistici hanno sicuramente inciso sul verdetto.

Dispiace soprattutto per Alice Rohrwacher in quanto è forte del premio per la miglior sceneggiatura a Cannes e del grande successo ottenuto da Lazzaro Felice in America. Dispiace perché le manca il giusto riconoscimento proprio in quell’Italia che tanto beneficerebbe dalla piena comprensione del messaggio del suo film, piuttosto che dalla follia del personaggio di Dogman. Guadagnino ha sicuramente le spalle più larghe, è già un gran nome a Hollywood e anche lui ha già vinto premi più importanti, ma ci ha regalato un affresco tanto potente, che la mancata considerazione rimane comunque sconvolgente.

Chi dovrebbe riflettere è sicuramente Sorrentino. Loro è stato nominato solo per premi minori, a eccezione dell’immancabile Servillo e della meritatissima vittoria di Elena Sofia Ricci per l’interpretazione di Veronica Lario. La pellicola su Berlusconi è stata la vera delusione del 2018 ed evidentemente non solo secondo il mio parere. Siamo di fronte a una grandissima occasione persa per raccontare qualcosa di vero e illuminante su un personaggio tanto oscuro, quanto ingombrante. Il taglio romantico era perfetto, ma è annegato in una mare di frivolezza soverchiante. Detta così forse Sorrentino non ha poi sbagliato di molto.

Comunque alla fine sono solo premi. Nascono e muoiono per far discutere. Quello che deve rimanere è l’altissima qualità della produzione cinematografica italiana del 2018, la speranza che il livello venga quantomeno mantenuto e che cresca l’impegno a estendere questa consapevolezza alle masse. Sarebbe bello vedere uno di questi film in testa alle classifiche al posto del solito film di supereroi, proviamoci.

Luca Di Maio

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