Vent’anni fa gestivo una webzine dedicata alla musica metal e il momento delle classifiche di fine anno era sempre magico. Avevo una decina di collaboratori e nonostante ci si scannasse regolarmente per capire se un disco fosse vero metal o no, alla fine le graduatorie parlavano più o meno la stessa lingua. Tantissime uscite erano in comune tra i vari redattori e si riusciva sempre a stilare una graduatoria complessiva che rappresentava la webzine decentemente.
Ora sarebbe impossibile. Certo, essere dedicati a una nicchia specifica limitava la spazio di manovra, ma per quanto mi riguarda la differenza maggiore è data dall’incredibile quantità di musica che ogni secondo viene vomitata nell’etere. Teniamo presente che il momento esatto in cui state leggendo queste parole, è il momento nella storia in cui viene prodotta più musica; se tornerete a rileggerle tra qualche giorno, quello sarà il nuovo momento con maggiore produzione di musica. E via dicendo, fino al primo vero disastro ambientale, a una pandemia peggiore del COVID o alla terza guerra mondiale.
Per questa ragione è assurdo fare graduatorie (ma io le ho fatte lo stesso, sul nostro profilo Instagram) e anche solo il concetto di tirare le somme diventa estremamente soggettivo. Difficilmente si sarebbe d’accordo all’interno di un genere ristretto, figuriamoci quando si parla di musica senza confini. Il punto poi non è nemmeno quello di essere d’accordo, il punto è che c’è talmente tanta musica che i nostri ascolti differiranno enormemente anche se ascoltiamo più o meno gli stessi generi.
Il lato positivo? Questi articoli di fine anno sono delle ottime fonti per nuova bellissima musica da scoprire. E solo dopo rappresentano un momento di autocompiacimento nel trovare il proprio disco preferito riconosciuto da questa o quest’altra testata più o meno autorevole. Segue quindi un rapido viaggio attraverso i generi che trovate raccolti nella playlist allegata (rock, synth-wave, progressive, metal, jazz, piano minimal, elettronica, psy-trance, EBM, cantautori, folk, trip hop, post rock, doom, stoner, hard rock, flamenco): il mio personalissimo meglio del 2020.
Il meglio in assoluto
Per non ripetere quanto già scritto in corpose recensioni, riassumo la crème de la crème così (e cliccando sul titolo potete leggere l’articolo completo):
Ondara – Tales of Isolation: capolavoro di cantautorato folk, blues, americana. La pandemia messa in musica.
“Ondara ce l’ha fatta alla vecchia maniera. È nato a Nairobi, Kenya, a vent’anni ha vinto la lotteria per le green card e si è trasferito a Minneapolis. Non è passato da un talent, non ha leccato il culo nessun super produttore, ha solo cantato come mai nessuno aveva fatto prima. È la definizione stessa di sogno americano, la terra della libertà, la casa dei coraggiosi. Puoi fare qualsiasi cosa se ci credi veramente. Se non hai la sfortuna di incontrare un poliziotto che ti piazza un ginocchio sul collo per dieci minuti.”
Airbag – A Day at the Beach: capolavoro di rock progressivo moderno. Glaciale, ma caldissimo.
“Gli orsacchiotti siamo noi: alienati, conformisti, spaventati, feriti, in fuga; abbiamo paura di avere, paura di non avere, paura dei sentimenti, ma il terrore di non riuscire a provarli. Siamo sulla spiaggia e aspettiamo qualcosa, qualcuno, ma allo stesso tempo siamo terrorizzati dalla sola possibilità di vederlo in lontananza. Allora infiliamo la testa sotto la sabbia, chiudiamo gli occhi e speriamo che non arrivi mai lasciandoci alla nostra confortante monotonia. Se solo tirassimo fuori la nostra testa noteremmo che non siamo soli, potremmo cercare di creare qualche connessione umana, ma non ce la facciamo, e aspettiamo. Aspettiamo il nostro tramonto, inerti.”
Pain of Salvation – Panther: i prog metallers svedesi vanno nel futuro con un disco sorprendente.
“Un capitolo a parte lo merita il concept del disco. Non una vera e propria storia, ma una sorta di trattato emotivo che esprime il sentire di Daniel Gildenlow stesso. Quella sensazione di essere sempre fuori dal coro, di andare così forte da rimanere indietro, di sentirsi vecchi da giovani e giovani da vecchi, di seguire logiche completamente fuori dal reame dell’accettabile, di sentire così tanto da sembrare insensibili e di essere così svegli da apparire sempre addormentati.”
Solstafir – Endless Twilight of Codependent Love: post metal raffinato ricco di sorprese e evoluzione.
“La loro ultima fatica Endless Twilight of Codependent Love può essere considerato una summa delle loro esperienze con la preziosa aggiunta di svariati passi avanti. Mostra un gruppo che ha una padronanza totale dei propri mezzi e un coraggio illimitato. Non hanno paura di osare in tutti i sensi. Se Or inizia sostanzialmente come un pezzo jazz, troviamo Dionysus che lo fa come un pezzo black metal. Il primo poi si apre in un momento post rock luminosissimo, mentre il secondo passa da una cavalcata quasi maideniana per finire nello shoegaze più sognante.”
Gazpacho – Fireworker: art rock sognante in grado di trascinare l’ascoltatore ai confini della realtà.
“Possiamo certamente fruire del disco prescindendo dal tema lirico, ma temo che la musica e i Gazpacho stessi non possano in alcun modo prescindere dal tema. Non credo sia possibile concepire costruzioni di questo tipo senza essere guidati dal sogno stesso, da un obiettivo più grande, da una forza che trascende la mera creazione musicale. Il tema e la musica vanno di pari passo, si influenzano a vicenda e portano a compimento qualcosa che non potrebbe essere diversamente.”
The Gathering Gloom – The Quarantimes: quando il trip hop incontra metal e rock progressivo.
“È semplicemente il migliore connubio di rock e trip hop mai prodotto. Vi troviamo una intro atmosferica, un pezzo con elementi doom metal, l’altro con un assolo pinkfloydiano, l’altro ancora con il supporto di un meraviglioso violoncello. Il tutto sorretto da questa base ritmica downtempo chiaramente figlia del famoso sound di Bristol.”
Gli altri
Rotersand – How do you Feel Today: indubbiamente il disco EBM / Synth Pop migliore dell’anno. Carico, emotivo, incazzato e innamorato. Ma soprattutto: ballabilissimo. Niente male anche quelli di Assemblage 23 e Lights of Euphoria.
Tim Bowness & Peter Chilvers – Modern Ruins: ne ho parlato nella monografia su Tim Bowness. Meraviglioso disco minimalista quasi new age. La voce di Tim e i testi ultra depressi sono perfetti. Peccato per il suo disco solista Late Night Laments: decisamente un passo indietro rispetto al bellissimo Flowers at the Scene.
Pure Reason Revolution – Eupnea: semplicemente rock, ma con una complessità progressive, una freschezza elettronica e un mood psichedelico. Un disco giovane, ma già molto interessante: potrebbe crescere di valore con il tempo.
Caspian – On Circles: il top del post rock 2020: un disco di una potenza e un’atmosfera senza eguali. Cuffie, volume altissimo e pronti a sognare l’inverno cupo e urlante. Assolutamente niente male anche i dischi di pg.lost e sleepmakeswaves.
Silent Knife – Could Have Been Love: Silent Knife è il progetto synth-wave dello Youtuber Anthony Vincent AKA Ten Second Songs. Nel 2020 ha prodotto 3 singoli come Silent Knife: due cover e questo capolavoro. È forse il mio pezzo preferito dell’anno: synth wave vintage, ma con quelle vibrazioni rock, quasi pinkfloydiane che lo rendono unico. Spero vivamente che sviluppi ulteriormente questo progetto.
La Maschera di Cera – S.E.I.: il rock progressivo italiano contemporaneo meriterebbe ben più spazio. Incantevole ritorno di questo gruppo che si rifà agli anni settanta senza caderci dentro. Sul genere lodevole anche il tributo a The Wall delle mie amatissime RanestRane.
Humulus – The Deep: stoner/doom lombardo dal respiro estremamente internazionale. Se mi avessero detto che erano americani ci avrei creduto a occhi chiusi. Il pezzo di apertura Into the Heart of the Volcano Sun è strepitoso.
The Ocean – Phanaerozoic II: Mesozoic | Cenozoic: progressive metal che cerca di distanziarsi dal mondo djent più debitore ai Meshuggah e lo fa benissimo. Il pezzo con Jonas Renske dei Katatonia come ospite (Jurassic | Creataceous) è incredibile.
Colin Edwin – Infinite Regress: il basso dei Porcupine Tree tira fuori un disco sorprendente. Sostanzialmente elettronico, quasi synth pop, ma anche un po’ progressivo. Davvero difficile da definire. Il pezzo Opening of the Mouth è strepitoso.
Pianisti / Compositori minimalisti: mi sto affacciando da relativamente poco al genere, ma ho trovato Voices di Max Richter veramente interessante (più nella versione senza il parlato) e some kind of peace dell’islandese Olafur Arnalds diverso e sorprendente.
Nella playlist allegata trovate tanti altri pezzi estratti da buoni album, ma che brillano in modo particolare come creazioni a sé stanti. Lacquer dei Katatonia è un ottimo esempio, come Ani Mevushal degli Infected Mushroom (questo è un bel salto, no?), Saturnine Saturnalia di un redivivo Ville Valo (gli altri pezzi dell’EP sono oggettivamente inascoltabili purtroppo), The Fountain dei Lunatic Soul (l’album in realtà andrebbe approfondito, potrebbe colpire a fondo con tanti ascolti) e svariati altri che spero scopriate nella playlist.
Luca Di Maio
P.S.: scelta editoriale per la playlist: sono stati inclusi solo pezzi da ALBUM o EP usciti nel 2020, escludendo singoli di presentazione per dischi in uscita nel 2021. In aggiunta sono stati ammessi dei B-SIDE o dei singoli slegati da uscite future. Sempre al massimo un pezzo per ogni uscita.