Non ho mai potuto sopportare le Crocs. La sola vista di quei bagagli plasticosi è sempre stata sufficiente a provocarmi inarrestabili conati di vomito. Poi qualche mese fa un amico se ne compra un paio, marroni. Noi esseri umani abbiamo come scopo ultimo quello di migliorarci sempre e di superare i nostri limiti in modo da raggiungere l’illuminazione, o qualcosa del genere. L’ho ascoltato decantarne la comodità per settimane, senza vomitare, poi un bel giorno mi trovo a dover comprare delle pantofole invernali causa la distruzione di quelle precedenti: perché non compri le Crocs col pelo?
Se le Crocs normali mi causavano immediati conati di vomito, quelle col pelo mi portavano diretto in rianimazione. Quindi no. Compro un paio di pantofole cinesi senza nome da Amazon. Dopo due giorni rese, pessime. Preso da un momento di follia decido di ordinare le Crocs col pelo, nere almeno. Arrivano domani, domenica (e qui si potrebbe aprire un discorso sul capitalismo sfrenato, ma evito). Dopo circa 36 ore dal loro arrivo già non ne potevo più fare a meno. Se avessi detto al me stesso di quindici anni fa che avrei goduto con le Crocs col pelo ai piedi immagino si sarebbe impiccato in modo da evitare un destino così crudele (qualcuno ha detto Dark?).
Ora, tutto questo pippone sulle Crocs cosa c’entra con Jan Akkerman? Poco, ma qualcosa c’entra. Prima però rispondo all’altra domanda: chi diavolo è Jan Akkerman?
Jan Akkerman è il leggendario chitarrista del gruppo Progressive Rock anni ‘70 Focus. Anche i meno avvezzi al genere avranno sicuramente sentito il loro grande successo Hocus Pocus in ogni salsa possibile, chiaramente senza saperlo. Ne ho parlato circa un anno fa identificandola come uno dei grandi pezzi responsabili della nascita dell’Heavy Metal, e scusate se è poco, soprattutto per un gruppo olandese. Akkerman verrà nominato miglior chitarrista del mondo nel ’73 dai lettori della rivista inglese Melody Maker (il giornale di riferimento del periodo, e davanti ai vari Page, Clapton, Blackmore, Beck, eccetera), uscirà dai Focus verso la fine della decade d’oro e i più ne perderanno le tracce.
Quello che i più non sanno è che il buon Akkerman non si è mai fermato un secondo, ha spaziato tra i generi più disparati e oggi, a 72 anni suonati, ci regala un nuovo album solista che forse forse è il mio disco dell’anno. Bene. Cosa c’entrano quindi le Crocs col pelo?
Le Crocs col pelo sono un simbolo. Rappresentano quello che non ti era mai piaciuto e che adesso ti piace così tanto da non poterne fare a meno. Il genere di Close Beauty non mi aveva mai fatto venire i conati di vomito, ma fino a pochissimi anni fa era qualcosa che non avrei mai considerato. Lo trovavo noioso, pretenzioso, banale all’ascolto e semplicemente non necessario. Una definizione che letta adesso riferita a questo capolavoro mi manda effettivamente quasi in rianimazione.
Close Beauty è magnifico. Un lavoro tutto strumentale che si appoggia solidamente sulla chitarra di Akkerman, ma che mostra talmente tante sfaccettature da essere una scoperta continua ascolto dopo ascolto. Le coordinate di genere sono difficilissime da fissare; per non sbagliare si potrebbe dire jazz fusion, il cui significato è talmente vago da andare bene per qualsiasi cosa con il jazz come elemento forte. In realtà è un disco profondamente atmosferico con un incipit fingerstyle di chitarra Flamenco, seguito da quei lunghi assoli sostenuti che si possono accomunare a quelli di Gilmour, momenti folk, momenti teatrali, sezioni jazz rock, blues e un pianoforte da lacrime agli occhi. Tommy’s Anniversary è il pezzo dell’anno nel disco dell’anno: semplicemente da lacrime agli occhi.
Siamo quindi stabili nel mondo del jazz, con strutture più vicine al rock progressivo, e con influenze che vanno dal flamenco al blues passando per folk e musica classica. Akkerman continua a trascendere i generi riuscendo a essere perfettamente riconoscibile, se solo qualcuno lo ricordasse ancora.
Per di più non si tratta di un album che esce dal nulla in quanto gli ultimi lavori di Akkerman sono sempre rimasti su livelli piuttosto alti, seppur nel totale anonimato. Il disco dal vivo North Sea Jazz – Legendary Concerts lo tratterò in futuro, ma è uno degli album dal vivo migliori di sempre, il suo precedente lavoro in studio Minor Details è praticamente al livello di Close Beauty. L’ultimo ha però qualcosa in più. C’è più classe compositiva: la chitarra domina come sempre, ma non in modo incontrastato come in passato. Tutti i musicisti coinvolti riescono sempre a contribuire egregiamente alla costruzione di scenari onirici di una vastità disarmante. La copertina stessa, al primo impatto un po’ pacchiana, se studiata nei dettagli è forse la migliore rappresentazione del contenuto del disco.
Proprio sulla copertina vedete anche il buon Jan Akkerman. Con il suo cappellino in testa, intento a nascondere le sue 72 primavere, non si può oggettivamente guardare. Sul palco si diverte, ma non è di certo bello da vedere, un po’ come un David Gilmour povero. Ma come per le Crocs bisogna andare oltre le apparenze, chiudere gli occhi e lasciarsi andare alle emozioni, il godimento sarà talmente alto che presto vi dimenticherete sia del vostro pregiudizio, che delle bruttezza oggettiva. Poi le Crocs sono solo delle brutte ciabatte di plastica, mentre Close Beauty è uno dei dischi più belli del 2019, quindi fate voi.
Luca Di Maio