A fine anno si trovano decine e decine di classifiche, top 3, top 10, playlist dell’anno, flop dell’anno, disastro dell’anno, miracoli del secolo e quant’altro. MangiaCassette non può esimersi da questo rituale, ma lo vuole fare in modo leggermente diverso, come sempre.
Questo è un pezzo scritto a quattro mani nel quale troverete il nostro umile parere riguardo il 2018 in musica, abbinato alla Cassetta dell’Anno. Niente graduatorie, solamente 40 canzoni da album usciti quest’anno attraverso 38 artisti di un milione di generi diversi. Troviamo progressive, rock inglese, chitarra flamenco, metal, pop, elettronica, EBM, metal estremo, nu-metal, psy-trance e musica italiana. Sappiamo benissimo che questa cassetta non piacerà a nessuno, ma è proprio per questo che dovete ascoltarla. Sicuramente scoprirete qualcosa di così incredibile che la sofferenza che proverete durante la roba inascoltabile sarà comunque ripagata. Ora la parola ai giurati.
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Per quanto riguarda le mie selezioni, il 2018 si divide praticamente in due: progressive e metal, con qualche intruso. La prima meravigliosamente bene, la seconda tragicamente male. Vediamo il perché.
Due anni fa scrissi un articolo intitolato Metal Is Dead, presto lo ripubblicherò e ne scriverò una seconda parte, ma vi posso comunque anticipare che il metal è rimasto morto, molto morto. Nella cassetta trovate solamente: dischi postumi, gruppi bolliti, cantanti bolliti, gruppi che si sono sciolti subito dopo aver pubblicato il disco, ristampe di demo mai usciti prima, gruppi che piacciono solo a me, e via dicendo. Questo non perché siamo delle cariatidi che non ascoltano nulla di nuovo, ma perché il nuovo fa semplicemente schifo. Fa schifo perché non c’è più nulla di nuovo: sono sempre gli stessi riff e le stesse melodie ripetute all’infinito senza nessuno straccio di innovazione. Dirò qualcosa di ancora più oltraggioso: l’ultimo periodo brillante nel metal quando fu? Fine anni novanta, quando tutti lo consideravano morto. Ecco, un altro articolo per il 2019.
In ogni caso abbiamo il bistrattatissimo Catharsis dei Machine Head presente in cassetta con addirittura due pezzi. Bastards per quanto mi riguarda è la loro miglior canzone dai tempi di From This Day, e il suo testo dovrebbe essere imparato a memoria da tutti. I White Wizzard hanno prodotto un disco heavy metal classico strepitoso, peccato che due giorni dopo si siano sciolti. Jon Schaffer’s Purgatory altro non è che il gruppo pre-Iced Earth di Jon Schaffer che ha ri-registrato i loro demo: roba da paura, se Schaffer si rimettesse a fare roba così potrebbe cantarla anche lui. C’è poi anche Barlow con in suoi Ashes of Ares che sforna un disco niente male, ma comunque non memorabile.
Per il resto sul metal siamo davvero ai cadaveri: Blaze Bayley ormai solo una decina di persone sa che dischi strepitosi sforna ogni anni, e temo che rimarremo tali, voi però dategli una possibilità, non ve ne pentirete! Invece il disco postumo di Warrel Dane non è niente di che, ma As Fast As The Others, suonata in anteprima a Bologna quando lo vidi per l’ultima volta, è davvero un gran pezzo, la sua voce mancherà davvero tanto al mondo del metal. E poco altro. Non ho messo in cassetta i Judas Priest, che han tirato fuori il loro primo ottimo disco dai tempi di Painkiller, ma se lo sarebbero quasi meritato. Fabio ci ha messo il nuovo singolo degli Slipknot che, devo ammettere, mi è piaciuto e mi ha riportato al loro primo album, niente male, ma tutto come sopra. Per il resto noia.
Nel mondo progressive abbiamo il totale opposto: creatività a fiumi. A parte il disco dal vivo di Steven Wilson, abbiamo gli eterici Gazpacho con il suadente Soyuz One, il chitarrista degli Airbag Bjorn Riis che anticipa il nuovo album con un bell’EP; gli Antimatter di memoria quasi-metal hanno tirato fuori quello che forse è il più bel disco della loro carriera, i Pineapple Thief con ormai in pianta stabile Gavin Harrison alla batteria si confermano con Dissolution, il polacco Mariuzs Duda compare sia con i quasi metal Riverside, che con il suo progetto solista Lunatic Soul. Poi ancora gli Haken con il controverso Vector hanno tirato fuori un gran disco a metà tra il Progressive Metal, Rock e Djent; il chitarrista Australiano Plini continua a sfornare meraviglie tecnico-emotive con l’EP Sunhead e infine parentesi italiana con i Nosound che ci portano in un viaggio ipnotico elettro minimalista e le RaneStrane che concludono la loro trilogia su 2001: Odissea Nello Spazio con il capitolo migliore (presto saranno protagonisti della rubrica All’Improvviso uno sconosciuto).
Sempre nel mondo progressive ci sarebbe tanto altro da dire e tanti nuovi gruppi da menzionare legati al 2018, ma ho dovuto fare una selezione. Questo genera una nuova domanda: perché il progressive è in piena botta creativa, mentre il metal è nella sua fase stagnante più lunga e più tragica di sempre? Cercheremo di rispondere a questa domanda durante le prossime settimane. Nel frattempo godetevi la Cassetta, fateci sapere cosa ne pensate e diteci la vostra su quello che è stato il meglio del 2018.
Luca Di Maio
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Riassumi il tuo 2018 musicale. Sto riscrivendo questo articolo dall’inizio perché durante la prima stesura stavo ancora finendo di comporre la Cassetta, e dentro di me solo un aggettivo risuonava di continuo: pessimo. No, sarei stato troppo cattivo. Anzi, ora che ho finito di comporla mi rendo conto che forse mi sono lasciato condizionare da qualche uscita che mi ha un po’ deluso (Zen Circus sopra a tutti, ne parlerò più avanti) non accorgendomi che è stato tutt’altro che pessimo, soprattutto nella seconda parte dell’anno.
Sono combattuto: è stato bello o no quindi? Se penso a quello che ho ascoltato nel 2018 mi viene in mente l’immagine di un elettrocardiogramma piatto. Guardo la Cassetta e dico: un elettrocardiogramma piatto con qualche infarto niente male ragazzi!
Un anno con i grandi ritorni che aspettavo con ansia di Crematory, Machine Head e VNV Nation, con una grandissima opera di Gazzè, con un EBM che continua a non morire e anzi a stare al passo coi tempi, con Sharon Den Adel (Within Temptation) che sforna un disco elettro/pop solista (non avete idea per quanto tempo ho sognato questo momento) e infine con altri graditi ritorni anche per quanto riguarda l’indie rock britannico con i The Wombats e i The Vaccines.
Non posso dire che sia stato un anno deludente, non posso dire che sia stato piatto.
Continuo a guardare la Cassetta dell’anno: Slipknot, Hollywood Undead, Infected Mushrooms, singoli, EP…e se questo 2018 fosse solo un antipasto? Ah, a primavera uscirà anche il nuovo dei Rammstein. Faccio scorta di pillole per il cuore, sarà un 2019 che lo metterà a durissima prova!
Fabio Baroncini