Leggere per la prima volta Lolita nel 2024 è un atto strano. O meglio, può sembrare un atto strano se lo si vede nel modo in cui l’immaginario lo ricorda; ovvero un romanzo che in un qualche modo celebra il suo protagonista. Tuttavia, la lettura di Mostri di Claire Dederer mi ha trascinato verso il libro di Nabokov senza che io potessi oppormi.
Come Dederer riassume nel suo saggio, il vero protagonista di Lolita è l’assenza del personaggio eponimo. Non tanto perché Lolita non ci sia, tramite le parole di Humbert abita praticamente ogni scena, ma perché non la vediamo mai veramente. È sempre filtrata dal suo abuser, in modo da pensare che quella di cui parla Humbert sia la vera Lolita e il narratore si trasfiguri nello scrittore. E da qui i dubbi su Nabokov, su come possa un uomo aver scritto tutto questo senza sentire in fondo qualcosa di simile.
Tutto però si scioglie leggendo questi due passaggi, meravigliosi quanto terrificanti. Nel primo, Humbert VEDE la vera Lolita e ci rende partecipi del suo dolore, nel secondo riconosce tutto il male che le ha fatto e se ne strazia.
“E oggi mi sorprendo a pensare che il nostro lungo viaggio abbia solo sfregiato con una sinuosa linea di fango la magnifica, fiduciosa, sognante enorme terra che per noi, retrospettivamente, era solo un insieme di cartine con le orecchie, guide squinternate, pneumatici consunti e i suoi singhiozzi nella notte – ogni notte, ogni notte – non appena io fingevo il sonno.”
“Ciò che udivo era soltanto la melodia dei bambini che giocavano, soltanto quello, e l’aria era così limpida che in mezzo a quel vapore di voci mescolate, maestose e minute, remote e magicamente vicine, schiette e divinamente enigmatiche, si poteva udire di tanto in tanto, come liberato, uno zampillo quasi articolato di vivide risa, o il colpo di una mazza, o lo sferragliare di un camion giocattolo […]. Rimasi ad ascoltare quella vibrazione musicale dall’alto del mio dirupo, quegli sprazzi di grida isolate che avevano per sottofondo una sorta di schivo mormorio, e allora capii che la cosa disperatamente straziante non era l’assenza di Lolita dal mio fianco, ma l’assenza della sua voce da quel concerto di suoni.”