“No Feeling is Final è nato dall’esasperazione, dalla consapevolezza di vivere in un mondo diretto verso l’autodistruzione. Guardiamo le foreste bruciare e il livello dei mari salire. Il tutto mentre i peggiori aspetti dell’umanità sono quotidianamente messi in mostra da chi è al potere; rabbia, paura, avidità, apatia. Vediamo illuminare i nostri schermi con tutte le ingiustizie, tutti i conflitti, tutte le catastrofi. Rimaniamo compiacenti e consumiamo per dimenticare la nostra complicità con le strutture e con i sistemi che alimentano questo comportamento. Mentre il mondo è sull’orlo del disastro, noi sospiriamo e continuiamo a cliccare; con questa pessima sensazione nello stomaco, che ci mangia da dentro sempre di più giorno dopo giorno.
Nonostante sia facile spegnersi fingendo che tutto sia già perduto, non possiamo fare altro che rimanere coinvolti. Mettere da parte questa disperazione usando la paura e la frustrazione per creare qualcosa di positivo.
No Feeling is Final è un messaggio di speranza e solidarietà. È una storia di movimenti globali popolari che rigettano questa narrazione di un futuro apocalittico che ci è stata venduta, e immaginano nuove realtà basate su uguaglianza e sostenibilità. È la resa dei conti con i demoni della nostra storia e una promessa di mettere a posto tutti gli errori del passato. È un appello all’azione per costruire un nuovo mondo per le generazioni future. È un semplice gesto di rassicurazione per tutti gli altri in difficoltà durante questo periodo. Just keep going. No feeling is final.”
Questo è il manifesto con il quale i Maybeshewill hanno accompagnato il loro nuovo album No Feeling Is Final, e funge anche da sua perfetta descrizione emotiva.
Il COVID, il cambiamento climatico, il mondo sempre più polarizzato, l’immigrazione, i razzismi, sono solo alcuni dei temi che hanno influenzato il ritorno sulle scene del gruppo inglese a sette anni dallo scioglimento. Al contrario della maggior parte dei dischi Post-COVID, che hanno spesso solo mostrato diverse sfumature di nero, No Feeling is Final è realmente un messaggio di speranza, reso ancora più incisivo dal suo essere completamente strumentale.
L’incipit è molto teso, quasi pronto a deflagrare, su Zarah utilizza un discorso della parlamentare inglese Zarah Sultana per esplicitare la nostra condizione di partenza, dandosi anche un obiettivo da raggiungere. E poi lo raggiunge, in musica.
Il discorso è incisivo, parole così chiare non sono mai state pronunciate da un parlamentare del nostro paese. Identifica i responsabili dei nostri problemi principali, mette in chiaro chi sarà a soffrirne di più, e lancia un messaggio alle masse popolari di tutto il mondo chiedendogli di insorgere per creare un nuovo mondo più giusto per tutti. E i Maybeshewill provano a raccontare la storia di questo nuovo mondo.
Lo fanno attraverso un Post-Rock contemporaneo che tiene conto del tempo passato, ma sempre tendendo la mano al futuro per delinearne delle nuove coordinate. L’uso dell’elettronica è massiccio, così come quello degli archi; la batteria è sempre molto presente, le chitarre sono principalmente uno strumento di servizio, e c’è anche un imprevedibile assolo di sassofono.
Gli archi si trovano in quasi tutte le composizioni, ma non assolvono la tipica funzione Post-Rock del crescendo infinito in stile Godspeed You! Black Emperor; sostituiscono in un certo senso la chitarra solista nel disegnare un tappeto melodico avvolgente e intricato. L’elettronica alterna melodia e ritmica, le chitarre sono principalmente texture e spessore. Il piano aggiunge invece quel tocco minimalista che rende il tutto vagamente classicheggiante nel suo essere estremamente moderno.
Refuturing si candida a pezzo dell’anno seguendo una struttura atipica che vede il climax quasi a metà, seguito da un calando che culmina in quel meraviglioso assolo di sassofono che nessuno si aspetta. Green Unpleasant Land riesce a evocare la natura in un incedere folk celtico elettronicamente anomalo, ma perfettamente appropriato. Tornando indietro Zarah, Complicity e Invincible Summer formano una sorta di suite elettro-minimalista che prende elementi techno, house, classici, rock e li shakera formando un raro esempio di suono del futuro. Purtroppo, trovo che nelle ultime tre canzoni il disco si perda un po’ in strutture classicamente Post-Rock debitrici agli anni passati del gruppo, non riuscendo a confermare le meraviglie innovative presenti fino a Green Unpleasant Land. Se fossero stati sostituiti da due pezzi folli come Refuturing, stareste leggendo la recensione del disco dell’anno.
Sotto il profilo narrativo invece tutto fluisce perfettamente nella creazione di questo nuovo mondo più giusto per tutti. Fino a The Weight of Light percepisco la gioia nella lotta, il sapere di essere nel giusto, ma anche tutta la sofferenza, le difficoltà e i sacrifici necessari per il raggiungimento dell’obiettivo. Refuturing rappresenta un cambio di passo, quel momento in cui anche gli scettici riescono a intravedere che un mondo diverso è possibile, che “il potere del capitalismo sembra assoluto… ma attenzione, lo sembrava anche il diritto divino dei re”.
E la citazione della meravigliosa scrittrice Ursula K. Le Guin non potrebbe continuare in modo più appropriato al discorso di No Feeling is Final: “Gli esseri umani possono resistere e sfidare ogni potere umano. La resistenza spesso comincia con l’arte”. Appunto. I Maybeshewill ci provano così. E quando anche i più affezionati al lusso del matrix riusciranno a scollegarsi, magari solo per un momento, sarà possibile ripartire da zero.
Green Unpleasant Land nasce come denuncia contro il razzismo di una specifica area della campagna inglese, ma narrativamente è un ritorno alla natura; fare comunione con il nostro passato senza dimenticare che stiamo ricostruendo il futuro. Even Tide e The Last Hours sono la resa dei conti; il loro essere più classicamente Post-Rock è comprensibile nella volontà di trovare la chiave perfetta per un climax assoluto. Poi chiuso da Tomorrow, una sorta di coda positivo-malinconica che prende atto di tutti i sacrifici, senza dimenticare che sono stati fatti per la causa più giusta di tutte.
No Feeling is Final è perfetto sotto il profilo narrativo/concettuale, e musicalmente di livello altissimo, inventando anche una serie di soluzioni piuttosto innovative. Considerando quello che spesso rappresentano i ritorni sulle scene, non posso fare altro che complimentarmi con i Maybeshewill per il coraggio artistico e per la presa di posizione ideologica. Non siete soli.
Luca Di Maio