Amico Fragile nel suo arrangiamento della PFM è una delle canzoni più belle della storia, puro e semplice. Parlo di quella registrata a Gennaio del ’79 e suonata per tutto quel tour leggendario assieme a De André; nessuna cover o rifacimento arriva neanche lontanamente a toccarla. Ora, quarant’anni dopo, Marco Sfogli me la suona con un assolo da gruppo djent riuscendo inspiegabilmente a elevarla ulteriormente.

La PFM è anche questo. Di Cioccio e Djivas hanno entrambi più di settant’anni, per questo tour è tornato anche il coetaneo Premoli, sono sempre in giro per il mondo, hanno inciso una ventina di dischi e continuano a farlo. Quando Mussida ha lasciato non si sono dati per vinti e hanno reclutato un giovanotto di trent’anni più giovane per sostituirlo, e Marco Sfogli dal vivo è mostruoso. Su La Danza dei Cavalieri due anni fa non ci volevo credere, ma quando lo hanno scelto dubito che si sarebbero immaginati un assolo così incredibile per Amico Fragile. Innovazione e progressione continua anche grazie alla freschezza dei nuovi innesti.

Il mio primo approccio con la PFM risale a quando avevo circa dieci anni durante un viaggio in auto con mio padre, forse lo stesso in cui mi sbeffeggiò su Ligabue e il gillet di Dio, ascoltando proprio il disco dal vivo con De André. Inutile dire che non avevo i mezzi per capirlo davvero, ma per una qualche ragione mi è rimasto tutto ben impresso fino a oggi. La sua interessantissima spiegazione del testo di Un Giudice e quella comprensibilmente stentata di Bocca di Rosa, una musicalità che non capivo, ma che trovai interessante e che rimase nel mio retro cranio per tanti anni.

Oltre vent’anni dopo decidono di partire in tour per omaggiare Faber rievocando proprio quell’evento. Dopo i primi due versi di Bocca di Rosa il primo pensiero è stato: “Di Cioccio non è De André”. Inevitabile. La voce di Faber non è replicabile e lui giustamente non ci prova nemmeno, e di certo la laringite non aiuta. Proprio i pezzi più veloci e molto cantati soffrono parecchio la voce, per assurdo mi sarebbe piaciuto che il tastierista/chitarrista Alberto Bravin avesse avuto maggior spazio, ha fatto una gran bella figura come voce solista su Zirichiltaggia. Vocalmente Mussida manca molto. Ma questa è l’unica critica, il resto è meraviglia.

È superfluo parlare di tutti i pezzi: la fisarmonica di Premoli su Un Giudice, il basso di Djvas su Giugno ’73, il già osannato assolo di Amico Fragile sono solo alcuni dei piccoli momenti che hanno reso magica la serata. Una menzione particolare la meritano sicuramente gli estratti dalla loro versione di La Buona Novella. Dopo aver partecipato alle registrazioni originali quando erano ancora I Quelli, nel 2010 decidono di riprendere in mano il quarto disco di De André per ri-arrangiarlo e ri-registrarlo magistralmente. È evidente che dopo i fasti degli anni ’70, si trovino più a loro agio con gli arrangiamenti che con il materiale originale. La qualità di PFM in Classic e di A.D. 2010 La Buona Novella rispetto all’insipido Emotional Tattoos è emblematica. L’infanzia di Maria e Il Sogno di Maria sono dei veri e propri capolavori rock progressivo che non hanno nulla da invidiare ai loro classici immortali.

Su La Canzone di Marinella osano con Di Cioccio alla batteria e la voce registrata di Faber a riempire il Carisport di Cesena. Un luogo semplice, vecchio e sporco, a fare da vetrina per un momento magico. Anche per questo motivo sembrava quasi di essere negli anni ’70.

Si sarebbero potuti limitare a riprodurre il primo volume del ’79, invece sono voluti andare oltre, e allo stesso tempo indietro. Hanno riportato sul palco Premoli dopo più di dieci anni, hanno portato il chitarrista storico di De André Michele Ascolese, ma anche gli assoli progressive metal di Marco Sfogli (che comunque suona da Dio tutto quello che gli capita, dal flamenco fingerstyle al djent) e l’arrangiamento moderno de La Buona Novella. Il grande pregio di questa serata è che nonostante fosse dedicata a ricordare un evento di quarant’anni fa e un artista scomparso da tempo, non ha dato l’impressione di essere qualcosa di datato. In parte è sicuramente merito dei testi sempre attuali scritti da De André, ma moltissimo è dovuto alla continua progressione, alla continua ricerca e innovazione musicale che porta avanti questo gruppo di settantenni.

Chiudono con Il Pescatore, È Festa e un accenno strumentale di Impressioni di Settembre. Ci risparmiano il tedioso canto Se-le-brescion e vanno via così, dopo meno di due ore. Siamo abituati a quasi tre ore con loro, ma per stasera va bene così, la cosa che contava era fare il pieno di emozioni e ricordare qualcuno che è stato veramente grande.

Nella cassetta allegata trovate come sempre la scaletta del concerto. Sono stato combattuto fino all’ultimo riguardo quali versioni inserire. Se la registrazione originale con De André, o quella della PFM. Alla fine non ho saputo scegliere e le ho messe entrambe, una dopo l’altra, quindi vi trovate due concerti strepitosi nei quali perdervi, mica male, no?

Luca Di Maio

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