La genesi di questo articolo parte dall’introduzione di Steven Wilson al suo pezzo Permanating durante l’ultimo tour. L’anno scorso a Verona disse qualcosa tipo “La prossima è una canzone pop. Eh? Ho detto per caso una parolaccia? Dovete pensare che il pop non è solo Justin Bieber, il pop per me sono Beatles, Abba, Police, Depeche Mode, e tanta altra musica meravigliosa! Non siate snob musicali, sappiate apprezzare anche del buon pop!”.

Interessante. Da un artista che ha spaziato su quasi qualsiasi genere sconosciuto, ha scritto canzoni dai due ai quaranta minuti e ha una cultura musicale enciclopedica, è una bella affermazione. Il problema è che per chi ascolta rock e metal gli Abba sono generalmente piuttosto inascoltabili, sicuramente lo sono per me. Come fare per passare il messaggio e far piacere George Michael anche a rocker e metallari?

Cover. Ho messo assieme una cassetta composta da cover di pezzi pop suonati da gruppi metal e rock. I criteri sono stati semplici: belle canzoni pop ben conosciute al grande pubblico, gruppi di fama mondiale anche se magari di nicchia, niente parodie, e qualità.

La chiave è proprio quella di estraniarsi dal genere e la qualità sarà palpabile anche nelle versioni originali. Prendiamo alcuni esempi limite: Depeche Mode, Lady Gaga e George Michael. Pochi discutono le qualità autoriali di Martin Gore nei Depeche Mode, sono anche molto rispettati all’interno dell’universo metal in quanto da sempre associati al mondo dark/gothic; mentre non si può dire la stessa cosa della Sig.ra Germanotta e di George Michael. La differenza però è prettamente cosmetica. Se Bad Romance fosse stata cantata dagli Evanescence, sarebbe stata una hit rock alternativo; se Careless Whisper fosse stata portata al successo dai Cure, sarebbe un pilastro del dark romantico, magari con qualche ritocco in fase di arrangiamento.

I Seether semplicemente canalizzano l’altissima qualità autoriale intrinseca in Careless Whisper generando una delle ballate rock moderno più belle e struggenti di tutti i tempi. Lizzy Hale e i suoi Halestorm rendono Bad Romance quel cazzutissimo pezzo rock commerciale che già poteva essere sin dall’inizio (e con Lady Gaga stessa alla voce sarebbe stata anche meglio; l’immagine di copertina è infatti presa dalla sua esibizione ai Grammy 2017 assieme ai Metallica dove ha fatto capire a tutti che può cantare qualsiasi cosa anche nel mondo metal). Sonata Arctica, Rammstein e In Flames prendono rispettivamente World in my eyes, Stripped e It’s no Good massimizzandone la componente oscura, con i Rammstein che di certo fanno il lavoro più radicale rendendo Stripped un clamoroso pezzo di chiusura per molti loro concerti.

Lo stesso si potrebbe dire riguardo tutte le altre canzoni presenti nella cassetta. Mi limito alle mie preferite. In primis Small Town Boy dei Bronski Beat stravolta, ma non troppo, dai Paradise Lost. La suonavano anche dal vivo durante il tour di Symbol of Life nel 2002 ed era rigorosamente il momento saliente del concerto. Quell’angosciante “no, you never cried to them, just to your soul” finisce per risuonare continuamente nelle orecchie. Gli Abba subiscono il trattamento power metal da parte dei tedeschi At Vance e The Winner Takes it All diventa un epicissimo inno trasudante metallo da tutti i pori. Ancora i Rammstein prendono di mira i connazionali Kraftwerk e la loro Das Modell estremizzando la componente elettro e appesantendoli a dismisura.

I nostrissimi alfieri del power metal Labyrinth si impossessano di Children dell’altrettanto nostro Robert Miles e la trasformano in una tecnicissima canzone strumentale elettro-progressiva. La versione di Message in a Bottle dei Machine Head è incazzata e intimista allo stesso tempo, ma rimane inconfondibilmente il grande pezzo dei Police. Kate Bush viene reinterpretata da Angra e Placebo. In Wuthering Heights André Matos dimostra a tutti di non essere umano toccando vette improbabili con la sua voce, mentre i Placebo stravolgono Running up that hill di più massimizzandone l’elemento dark. Una chicca che ho scoperto da poco è il mega successo dei Simple Minds Don’t you (forget about me) riproposto dai Life of Agony del fu Keith Caputo sul loro secondo album. Questo è un chiaro esempio di pezzo scritto a quattro mani da dei mega produttori rivitalizzato da una versione intima e meditata: emozionante.

Le due versioni di The Sound of Silence non potrebbero essere più diverse. In quella dei Nevermore c’è onestamente pochissima traccia di Paul Simon e Art Garfunkel, ma la dobbiamo premiare per l’inventiva e per il tiro violentissimo, mentre nel super successo dei Distubred i due cantautori si sentono eccome, ma l’emozione che trasmette Draiman, loro non l’hanno mai trasmessa.

Il Re del Pop è stato omaggiato da svariati artisti e nei modi più disparati. Ho evitato come la peste la abusatissima Smooth Criminal degli Alien Ant Farm, ma recuperato Beat It del chitarrista di Rob Zombie Jon 5: praticamente un lungo assolo nel quale la chitarra ripercorre tutta la melodia della canzone. I Saliva invece ci bastonano con una devastante They Don’t Care About Us e Chris Cornell manda tutti a casa in una straziante Billie Jean ripetendosi poi su Nothing Compares 2 You (se siete stupiti di vedere Michael Jackson e Prince accomunati, leggetevi un po’ di teorie della cospirazione).

E potrei andare avanti così per tutte le canzoni. Ma cosa voglio dirvi? Che dovete ascoltare per forza pop? Che dovete ascoltare Lady Gaga o gli Abba? Assolutamente no. O meglio, se vi piacciono, ascoltateli. Il mio punto è di saper riconoscere e rispettare le qualità autoriali che si trovano in molta della musica pop che ci massacra continuamente le orecchie. Un buon punto di partenza per farlo potrebbe proprio essere quello di ascoltare questa cassetta e poi andare a recuperare le originali, sono sicuro rimarrete sorpresi dall’incredibile numero di elementi che avete adorato nelle cover e che ritroverete quasi identici nell’originale.

Tornando a quello che diceva Steven Wilson, confermo che il discorso non vale per tutto il pop. Tenderei generalmente a escludere buona parte della produzione delle boyband (anche se molti singoli di Backstreet Boys e Take That potrebbero sorprendere) e tutto quello che è orientato più a un pubblico di giovani adolescenti. Tenendo sempre presente che per lavorare ai singoli vengono spesso coinvolti grandi nomi sia in produzione che in scrittura, i quali portano inevitabilmente qualità. Qualità nascoste magari, ma che un sapiente ri-arrangiamento può far sbocciare in maniera inaspettata.

E’ un tipo di qualità rilevante? Da un punto di vista deontologico forse no. Non è arte, o meglio, è arte su commissione (e l’arte fino a un secolo fa era quasi solo su commissione, ma entriamo in un territorio spinoso) e personalmente le assegno un valore inferiore rispetto a quella che viene liberamente dal profondo dell’animo umano. Poi per dirla tutta, pensare che molti pezzi pop non vengano dal profondo dell’anima solo perché hanno un grande successo commerciale, è una cosa piuttosto snob. Guardate Amy Winehouse per esempio.

Sicuramente mi ritengo uno snob musicale di livello piuttosto alto (e non vuole essere un complimento), quindi aver parlato recentemente di Sanremo e adesso di rivalutare il pop, è stata anche una sorta di sessione di terapia per me stesso. Per voi MangiaCassette, che potreste essere o meno snob musicali, potrebbe essere semplicemente l’occasione per scoprire qualcosa di nuovo, che sia la cover o l’originale, e per riflettere sulla musica a tutto tondo senza limitazioni di genere. In questo mondo che vive di grandi contrapposizioni abbiamo tutti bisogno di aprire un po’ la mente e andare al di là delle apparenze.

Luca Di Maio

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