Dieci anni dall’ultimo album dei Rammstein. Lo direste? Sembra ieri la loro data al Castello di Villafranca, quando i concerti erano ancora accessibili ai comuni mortali, quando i biglietti non finivano tutti in mano ai siti di bagarinaggio dopo dieci minuti, quando i gruppi suonavano pezzi inediti invece di vecchi album per intero, quando non c’era ancora Spotify e i dischi al massimo te li dovevi scaricare, ma generalmente li compravi anche. In realtà per quanto riguarda il mondo della musica sembra sia passata un’era geologica, è cambiato tutto. Quanto è cambiato invece per i Rammstein?
Tutto e niente. Parte Deutschland e sono chiaramente loro, segue Radio e sono sempre loro, ma un po’ diversi, Zeig Dich lo stesso, ma sempre un po’ diversi, arriva Auslander e fermi tutti. Andiamo avanti e ricominciamo, dopo due o tre ascolti iniziamo a capirci qualcosa: sono i Rammstein, c’è la voce di Lindemann, ci sono i riffoni marziali, ma ogni canzone suona come un genere diverso, com’è possibile? Ora proviamo un altro esercizio, sostituiamo la voce di Lindemann con una più affine al genere in questione? OK, mettiamo Dave Gahan su Radio e Sex, mettiamo Bon Jovi su Weit Weg, mettiamo una strappona Russa qualsiasi su Auslander e wow, ora abbiamo capito.
Come mai nella loro carriera i Rammstein sono riusciti a creare una sorta di compendio dei generi più disparati “rammsteinizzati” alla perfezione. Praticamente una Cassetta del Mese di MangiaCassette, ma tutta cantata da Lindemann e timbrata Rammstein. Con Reise, Reise c’era qualcosa di simile, ma con il loro disco eponimo (o più propriamente, senza titolo) lo portano all’estremo, con un’incredibile quantità di idee e con un certo grado di successo.
Deutschland apre il disco e sono i Rammstein, puri, anche se aggiornati, Radio invece è un meraviglioso omaggio alla wave anni ’80: ci troviamo i loro amati Kraftwerk, ma anche Depeche Mode e New Order. Zeig Dich torna ai Rammstein, ma più gotici. Auslander è il pezzo più sorprendente del disco, praticamente una canzone EDM estiva che potrebbe essere uscita da un David Guetta qualunque; si prende chiaramente gioco del genere rimanendo comunque un pezzo pesante e ballabilissimo allo stesso tempo. Sex torna agli anni ’80 con ironia, Dave Gahan sarebbe strepitoso. Puppe invece cambia tutto e risulta un pugno nello stomaco pazzesco. La storia di un bambino che ogni giorno morde istericamente la propria bambola mentre ascolta la sorella esercitare la professione più vecchia del mondo nella stanza di fianco, fino a quando la spia dal buco della serratura e vede che viene uccisa a bastonate. Lindemann è spaventoso sul ritornello, siamo di fronte a qualcosa che risulta più opera teatrale che semplice musica rock. E avanti così, tra pezzi tipicamente Rammstein e suggestioni che vanno dal Glam Rock alla musica leggera.
Liricamente siamo di fronte al solito capolavoro. I testi vanno dal sarcastico, alla denuncia, al cazzeggio, all’horror, o a un misto di tutti e quattro. La vena poetica e teatrale di Lindemann è ben chiara e raggiunge forse il suo apice di sempre in Puppe. Gli sprovveduti che prendono ancora i Rammstein per un gruppo Neonazista continuano a farmi sorridere, quando è evidente che siano all’estremo opposto. Al massimo possono essere considerati dei nostalgici della vecchia DDR, due cose ben diverse.
Rispetto al passato abbiamo più elettronica spinta, ma anche più assoli di chitarra, un paio interessanti. Il basso è più imponente del solito e Lindemann è come il vino buono. Non so dire se sia meglio o peggio di altri dischi, ormai sono un po’ vecchio per voti e classifiche; sicuramente è un album solido con quattro/cinque pezzi che non hanno nulla da invidiare ai loro grandi classici, il tempo ci dirà se riuscirà a reggere bene quanto Mutter o meno bene come Liebe Ist Fur Alle Da.
Questa volta invece della classica Gran Selezione abbiamo voluto fare qualcosa di un po’ diverso con la cassetta, trovate quindi Le Perle Nascoste. Una raccolta di pezzi che non sono singoli e che sono suonati dal vivo molto di rado; mi aspetto che anche alcuni grandi estimatori del gruppo possano essersi dimenticati la grandezza di tutta la loro discografia, incluse le parti meno conosciute. Ovviamente per l’ultimo album abbiamo tirato a indovinare, non sapendo quali di questi pezzi diventeranno dei classici e quali saranno delle perle nascoste, sicuramente ci aspettiamo di ascoltarlo per svariati giorni ancora.
Luca Di Maio
Bel pezzo. È proprio l’eclettismo musicale e culturale evinto dall’ultimo brano ad avermi sorprendentemente lasciata perplessa, entusiasta; senza fiato.
Grazie! Concordo perfettamente. Dimostrano grande ecletticismo riuscendo comunque ad avere un suono identificabile all’istante. Non è banale.