Xenoverso: dal greco xénos “straniero, ospite”, dal latino versus, participio passato di vertere “volgere”. L’ambiente che contiene tutto ciò che è inclassificabile nell’insieme dei corpi e dei fenomeni del nostro universo; inconoscibile: l’ermetismo dello Xenoverso, l’inafferrabile Xenoverso; ciò che confina con tutti gli spazi, i tempi e le dimensioni dell’Universo nell’insieme delle cose che si antepongono o che vengono escluse nella percezione della nostra realtà: non mi hai mai visto perché sono stato nello Xenoverso; ho dei messaggi dallo Xenoverso; la mia ombra è un residuo dello Xenoverso. Termine utilizzato nel trattato “La filosofia dei Versi” (autore anonimo) per descrivere l’interazione tra l’Universo e lo Xenoverso, tale interazione è spesso conflittuale.
Rancore presenta il suo Xenoverso con una finta voce di dizionario all’interno del gatefold dell’LP; una voce che presenta tanti livelli di lettura quante parole. Il concept di Xenoverso è la sublimazione della sua filosofia e per essere apprezzato appieno necessita di tutti i media possibili. Tuttavia, prima di iniziare il nostro viaggio facciamo un passo indietro e parliamo di Rancore, del suo “hip hop ermetico” e dell’orizzonte delle attese.
Pregiudizi sull’hip hop nostrano e su Rancore stesso
Ho conosciuto Rancore verso la fine del 2018 grazie al suo featuring su Ipocondria di Giancane; un pezzo apparentemente sciocco, ma che letteralmente esplode grazie al flow furioso di Tarek Iurcich (questo il vero nome di Rancore). Pochi mesi dopo ho visto questo ragazzotto a Sanremo, ancora una volta stava rubando la scena all’artista principale, Daniele Silvestri. Su Argentovivo, di cui è autore del testo assieme a Silvestri, Rancore riesce a tirare fuori tutto il suo disagio generazionale essenziale per la trasmissione del messaggio del pezzo.
Rancore aveva la mia attenzione, così di lì a poco ascoltai Musica per Bambini, il suo primo album solista uscito nel 2018. Scopro poi che in realtà Tarek aveva già al suo attivo alcuni album e EP assieme all’ottimo produttore DJ Myke, tra cui il bellissimo S.U.N.S.H.I.N.E.. Musica per Bambini è riuscito a stupirmi su così tanti livelli che fatico ad articolarlo. In primis proprio per i molteplici livelli di lettura dei suoi testi, ma forse ancora di più per la cura e l’eclettismo degli arrangiamenti. Se Underman è quasi synthwave, Sangue di Drago è neoclassica, Giocattoli è cantautorale, Skatepark è rock. Tutto è curatissimo e assolutamente autentico; risulta evidente che Tarek e gli altri produttori coinvolti sfoggiano un’integrità che non sono solito trovare in questo genere. E questo è un mio pregiudizio.
Nel frattempo ho esplorato la scena hip hop italiana acquisendo consapevolezza riguardo le mie preferenze sul genere. Non sopporto la sua autoreferenzialità, non sopporto il machismo e l’ostentazione; elementi che purtroppo si trovano anche in artisti apparentemente impegnati. Invece Rancore in primis, ma anche Murubutu, Claver Gold e Mezzosangue, mi hanno aperto questo mondo di hip-hop colto che se ne frega dei classici stilemi di genere provando ad andare in una nuova direzione. Approfondendo una ricerca sia lirica che musicale a metà tra un cantautore e un musicista di avanguardia, tutto sempre partendo dal disagio periferico, ma finendo a quello universale.
Xenoverso – primo tentativo
All’inizio dell’anno esce la trilogia di Xenoverso con quella X Agosto 2048 che dopo il centesimo ascolto riesce a farmi venire tutt’ora la pelle d’oca. I peli dalle braccia fino a tutta la schiena mi si drizzano nel secondo esatto in cui inizia la recitazione del X Agosto di Pascoli, riprodotta nella sua interezza all’interno del concept del pezzo. L’arrangiamento, il flow, l’emozione; ho la pelle d’oca adesso, al solo pensiero di descriverla. Indubbiamente la miglior trasposizione in musica di una poesia classica.
Gli altri due pezzi mi colpiscono quasi altrettanto e il concept, per quanto ancora molto oscuro, mi stuzzica. L’attesa per il disco diventa snervante, le aspettative sono altissime e vengono puntualmente deluse. Non riesco a entrarci dentro; percepisco il solito genio concettuale, il suo storytelling, la cipolla con i suoi vari strati, ma mi fermo agli arrangiamenti e alla struttura.
È un disco difficile da capire sotto il profilo del concept nonostante la trilogia venga chiarita ancora meglio da degli intro narrati, ma gli altri pezzi risultano apparentemente sconnessi. Musicalmente l’avevo trovato eccessivamente pop, con alcuni ritornelli piacioni di troppo e senza tutte le sfaccettature che avevo amato in Musica per Bambini.
Ma non mi sono dato per vinto e ho comprato comunque il biglietto per il suo concerto di Bologna.
Dal vivo nello Xenoverso il 29 giugno a Bologna
Essere alla soglia di quarant’anni, alcuni dei quali passati come metallaro oltranzista, non può essere un ostacolo verso le nuove esperienze, e un concerto hip-hop lo è certamente stato. La popolazione presente al Bonsai Garden di Bologna è estremamente giovane, ma anche di estrazione chiaramente alternativa. Le ragazze e i ragazzi che abbiamo incontrato al concerto di Rancore si ripresenteranno probabilmente tra una decina di anni sotto il palco di Iosonouncane.
L’attesa è scandita da una strepitosa compilation di dark synth-wave cyberpunk, recente passione del buon Tarek, ma è nulla rispetto a quando si spengono le luci, esce la band, e Rancore inizia a scandire il ritornello di Freccia. Bastano pochissimi secondi per capire che sarà un concerto strepitoso.
Temevo di trovarmi di fronte a Rancore solo con un DJ, e invece la band dal vivo cambia tutto. Giorgio Gallo alla batteria e Jano al basso sono fondamentali, ma lo è ancora di più Meiden alle tastiere; grazie a lui gli arrangiamenti neoclassici di Xenoverso brillano.
Suonano quasi tutto Xenoverso, con due sole puntate su Musica per Bambini grazie a Sangue di Drago e all’unico bis con Questo Pianeta, e la sola S.U.N.S.H.I.N.E. a ricordare il passato più remoto del rapper. E Xenoverso è diverso.
Dal vivo l’ho sentito. Mi è arrivato. L’ho capito. Tarek dialoga con la sua “nave” 507, una voce fuoricampo, e ci porta letteralmente in viaggio tra Xenoverso e Universo. Purtroppo non riesco a riportare tutti i collegamenti fatti tra il concept e i vari pezzi, ma dal vivo tutto tornava, tutto aveva senso. Il pezzo di Sanremo Eden, in cui Meiden canalizza Dardust, rientra alla perfezione del continuum di Xenoverso, così come canzoni apparentemente semplici come Federico e Ignoranze Funebri (divertentissima).
Su Federico distrugge senza motivo tutti i filosofi, partendo dal più “xenoversoso” Platone. La Freccia che passa dal buio alla luce, dal buio alla luce, è il miglior esempio dei molteplici livelli di lettura dei suoi testi: dal letterale all’ermetico spinto della freccia come canzone che una volta scoccata può farti passare tra tanti stati emotivi. E musicalmente non è pop per niente. Il già citato Meiden neoclassicizza tutto, la sezione ritmica contribuisce con l’elemento rock, che Tarek puntella con il suo flow aggressivo e di impatto.
Abbiamo saltato, urlato, cantato e anche ballato. Il concerto è una grande festa, ma principalmente un gigantesco momento catartico in cui un paio di migliaia di ragazzi urlavano il testo di Sangue di Drago con tutta la voce che avevano in corpo. Indubbiamente consapevoli della metafora del potere che andavano declamando.
Xenoverso era finalmente entrato in Universo, oppure io ero finalmente entrato in Xenoverso. Così ho comprato l’LP e ci ho riprovato.
Xenoverso – secondo tentativo
Comincio con l’assassino: non è Musica per Bambini. Il capolavoro di Rancore rimane uno dei dischi italiani più belli degli ultimi trent’anni, ma Xenoverso c’è.
I problemi: è troppo lungo. L’aver inserito il pezzo con Margherita Vicario può avere solo una ragione, e non è quella artistica; mentre il ritornello di Questa cosa che io ho scritto mi piace grida vendetta. Non è così eclettico come Musica per Bambini, ma forse non è nemmeno così musicalmente “trasparente”; ci vuole un po’ di più per andare oltre la patina pop, ma scalfita la superficie anche molti degli arrangiamenti risplendono. La quasi tecno di Arakno 2100 è una novità, così come il grande classicismo elettronico della titletrack.
Anche grazie alla realtà aumentata dal concerto, liricamente tutto torna. C’è la trilogia delle lettere dal futuro, c’è la filosofia, l’ironia, i molteplici livelli, e soprattutto le sue continue ambiguità ermetiche. Lo Xenoverso può essere quello che vogliamo. Può essere semplicemente lo stato di alienazione dell’uomo moderno che necessita di una via di fuga, oppure può essere lo stato di alienazione del mondo moderno che necessita di una via di fuga dall’uomo moderno, oppure ancora può essere lo scontro tra queste due cose. L’unica certezza è che il viaggio vale il prezzo del biglietto. Per adulti e bambini.
Luca Di Maio
Questa è la setlist del concerto: