Il compianto compositore giapponese Ryuichi Sakamoto ha lasciato un testamento che fatico a non accostare a Blackstar di Bowie sotto il profilo filosofico. Certo, manca la teatralità dell’uscita simultanea con la scomparsa, ma forse proprio per questa ragione i due dischi sono ancora più vicini. Dove Bowie è stato sopra le righe, Sakamoto non ha voluto dare nell’occhio pur sapendo che 12 sarebbe stato la sua ultima fatica. Musicalmente estremizza la sua componente minimalista anche se si ritrova alternata a momenti quasi sognanti e più concreti. È un lavoro che nella sua semplicità porta a scuola le centinaia di compositori neoclassici che stanno provando a sbarcare il lunario nel mondo delle colonne sonore o del sync più becero. Dimostra che le poche note e le atmosfere contano molto più di clamorose orchestrazioni destinate ai soliti prevedibili crescendo. Incanto.
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