Sanremo e il rock. Mi chiedo ancora perché. Perché parlare di Sanremo? Perché farsi del male? Parliamo di Sanremo perché è inevitabile. Parliamo di Sanremo perché in mezzo alle tante banalità qualcosa di buono a volte c’è. Parliamo di Sanremo perché alla fine ci piace cercare il bello anche nell’immondizia. Parliamo di Sanremo, ma ne parliamo a modo nostro, imprevedibilmente, sotto il segno del rock.

La definizione di rock che userò in questo articolo è piuttosto ampia. Nel senso che non si parla solo di arrangiamenti e musica; si parla di attitudine. Per me è rock tutto quello che prova ad andare controcorrente, che cambia qualcosa e che tocca dei nervi generalmente dimenticati dalla musica leggera italiana. La nostra cassetta di accompagnamento seguirà cronologicamente questo viaggio nel tempo che parte dagli anni ’60 e analizza le cinque decadi che ci portano all’ultima edizione del Festival della canzone italiana.

[L’articolo e la cassetta vengono aggiornati ogni anno con il commento sull’edizione precedente e con eventuali revisioni al resto della storia.]

Sanremo Anni ’60-’70

New Trolls sono i primi a portare il vero rock a Sanremo. Molti mi correggeranno citando Celentano, Little Tony e 24.000 Baci; io boccio però questa tesi in quanto se 24.000 Baci musicalmente era un rock’n’roll ispirato a Elvis, di sicuro non lo era nello spirito. Ha di fatto cavalcato una moda, cosa che il rock per definizione non dovrebbe fare, ed è rimasto un episodio isolatissimo nella discografia dei due artisti che l’hanno presentata. Il molleggiato ha continuato a biascicare pseudo-Elvisiano fino a settant’anni solo grazie a questa canzone, mentre Little Tony ha sempre copiato il Re nel look, mai realmente da un punto di vista musicale.

Invece con i New Trolls nel ’69 e del ’71 si parla di vero rock progressivo italiano; la prima vera avanguardia musicale popolare nella storia della musica. Una Storia poi, scritto da Sergio Endrigo, sembra un pezzo degli Uriah Heep ed è uno dei più intensi di tutta la carrellata.

Nel ’69 non si può non segnalare il debutto della quindicenne Nada con Ma che freddo che fa. Non si tratta di un pezzo rock da un punto di vista musicale, ma lo è nell’attitudine; Nada stessa era indie prima che l’indie sapesse di esistere.

Solo un anno dopo la seconda partecipazione dei New Trolls, il flauto e la voce di Ivano Fossati e i suoi Delirium entrano in testa e non ne escono più grazie a Jesahel. L’influenza dei Jethro Tull è lampante, soprattutto nell’ultimo assolo di flauto, ma c’è anche grande contaminazione etnica grazie a un imponente uso delle percussioni in un pezzo ormai scolpito nella storia della musica.

Gli anni ’70 proseguono con un festival in una grave crisi creativa e di pubblico, così verso la fine del decennio si cerca il grande rilancio portando il sesso in prima serata grazie alla Gianna di Rino GaetanoL’esibizione di Rino è indimenticabile: frac nero, maglietta bianca e papillon, ukulele in mano, strepitoso. Si è reso ridicolo per renderli ridicoli tutti. Se pensate che non si tratti di un pezzo rock, ci tengo a farvi notare che Gianna è ancora regolarmente suonata in tutte le discoteche rock d’Italia. Quarant’anni dopo quel Sanremo.

Sanremo Anni ’80

I gloriosi anni ’80 si aprono con un ventitreenne biondo ossigenato sfoggiante occhiali scuri e un pezzo a metà tra il post-punk e la wave. Il ragazzotto si chiama Enrico Ruggeri e guida i DecibelContessa è ancora una delle canzoni più popolari di Rouge, ma nella sua versione originale con i Decibel trasuda acido e ribellione. Anche qui l’esibizione è memorabile, i Decibel si scioglieranno presto, ma la storia di Ruggeri al festival sarà appena cominciata.

Nell’82 e nell’85 vediamo due decani del rock progressivo come Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso presentarsi a Sanremo durante il loro periodo synth (le due canzoni non sono su Spotify, cliccando sui nomi dei due gruppi andrete ai rispettivi video su YouTube). Come svariati loro cugini d’oltremanica, negli anni ’80 virano verso lidi più orecchiabili e diretti, complice la morte apparente del progressive. La qualità delle composizioni non si discute, ma la vera rivoluzione sarebbe stata quella di averli visti a Sanremo negli anni ’70; invece sembra quasi un tentativo di risorgere in un mondo che non gli appartiene.

La rivoluzione alla fine arriva e la porta Vasco tra ’82 e ‘83. Per quanto lo ritenga uno dei peggiori mali del rock italiano degli ultimi trent’anni, è innegabile la sua importanza nei primi anni ottanta. Le due apparizioni a Sanremo lo hanno reso una superstar e hanno provato a cambiare le carte in tavola nell’ingessato Ariston portando il rock italiano alle grandissime platee. Sia Vado al Massimo che Vita Spericolata sono due tra i pezzi più popolari di sempre, nonostante siano arrivate rispettivamente ultima e penultima in finale.

Prima di lui nell’81 Alice aveva addirittura vinto Sanremo con un capolavoro scritto da Battiato. Per Elisa non è di certo un pezzo rock, ma di fatto lo è. Trasuda wave da tutti i pori, e la voce di Alice ha un mordente totalmente inedito nel mondo sanremese. La lettura che vede Elisa come una trasfigurazione dell’eroina, sempre negata dalla stessa Alice, gli conferisce ancora di più quell’alone mistico e trasgressivo.

Sanremo Anni ’90

La decade successiva si apre con una vittoria, quella del “pazzo che grida nei dischi” nella sezione Nuove Proposte. Il pazzo è Marco Masini con Disperato, che poi replicherà l’anno successivo arrivando al terzo posto dei big con Perché lo fai. Si tratta di due pezzi che fuori da Sanremo sarebbero stati arrangiati al limite del metal. Voce rauca, urla disperate, assoli puntuali ed emozionali, e contenuto talmente depresso che non sfigurerebbe nella cassetta sul Suicide Metal Finlandese. La passione di Marco per il rock non è mai stata nascosta, considerate che ha anche inciso una improbabile cover in italiano di Nothing Else Matters dei Metallica.

Il ’93 porta ancora una vittoria: Ruggeri torna a Sanremo dopo i fallimenti del suo periodo da chansonniere francese (anche se Rien ne va plus è davvero un pezzo bellissimo) e dopo il paraculismo di Si può dare di più, sbaragliando tutti con il rock. Mistero è un pezzo molto poco Sanremese che senza le forzature dell’orchestra poteva essere ancora più pesante e incisivo.

In contemporanea tra le nuove proposte arrivano gli Statuto e presentano a sorpresa un pezzo ska. Abbiamo vinto il festival di Sanremo è un meta-discorso che si prende gioco del festival e della sua organizzazione. Lo ska italiano era ancora in fase embrionale, esplose circa un lustro dopo dai centri sociali, mentre i borghesissimi Statuto vennero presto dimenticati. Di recente ho visto un volantino di un loro concerto in un bar di Cesena nel quale suoneranno pezzi storici sul calcio; tipo Notti Magiche… ooookaaay…

Gli anni ’90 proseguono con il canto del cigno di un mito (Ivan Graziani con Maledette malelingue) e con il debutto di due tra i più importanti cantautori di quella generazione: Daniele Silvestri e Max GazzèL’uomo col megafono di Silvestri presenta un riff pesantissimo quasi inspiegabile a Sanremo, vince il premio della critica e pian piano lo porterà a grandi successi che purtroppo non si avvicineranno quasi più al rock. Il debutto di Gazzè è apparentemente meno rock di quello di Silvestri, ma liricamente forse lo è anche di più. Si presenterà poi a Sanremo tante altre volte con pezzi mai banali.

Sanremo Anni ’00-’10

Il nuovo millennio vede la scomparsa di tutti i grandi vecchi del rock e la loro lenta sostituzione da parte di varie nuove leve. Subsonica e Bluvertigo nascono e muoiono nell’universo indipendente, volenti o nolenti, ma presentano a Sanremo Tutti i miei sbagli e L’assenzio: due dei loro pezzi più popolari e emozionanti. I Negrita con Tonight non fanno la rivoluzione, ma portano un po’ di sana ruvidità in un 2003 piuttosto soporifero; giusto un paio d’anni prima di vendersi al Dio denaro rotolando verso sud.

Negramaro invece debuttano con un disco molto solido, per poi decidere di reinciderlo all’infinito in versione sempre più spompata; tuttavia Mentre tutto scorre rimane una delle canzoni rock migliori della storia del festival. Le Vibrazioni, se non fossero stati stravolti da un’etichetta per provare a sfondare, avrebbero potuto scrivere con costanza del materiale di altissima qualità; invece sono stati molto altalenanti proprio per questa chiara voglia di fare i miliardi. Ovunque andrò è comunque una validissima canzone rock che meriterebbe ben altra fama.

Con l’apparizione degli Afterhours nel 2009 Sanremo si apre ufficialmente al mondo indie; infatti Agnelli e soci vengono presto seguiti da La CrusMarta sui Tubi e Marlene Kuntz. I pezzi di questi quattro gruppi li trovate tutti nella cassetta e sono uno più bello dell’altro; hanno una componente sonnolentemente Sanremese, ma mantengono la loro ruvidità. Non esito a preferirli alle versioni anni ’80 dei gruppi progressive.

Nel 2014 al secondo posto arriva un’anomalia incredibile: un duo formato dal jazzista Raphael Gualazzi e il DJ The Bloody Beetroots (chi non ha mai saltato fino a sputare i polmoni su Warp 1.9 alzi la mano). Il pezzo che inserisco in cassetta non è quello arrivato secondo in quanto in quell’edizione tutti gli artisti presentavano due canzoni e il pubblico ne sceglieva una alla prima serata. Tanto ci sei è quella eliminata. Beh, ascoltatela: elettronica francese come base per una gran voce jazz. Se non è rock questo.

Arriviamo ai due “Baglioni Festival”. Nel 2018 si trovano discrete tracce di rock grazie al ritorno de Le Vibrazioni con Così Sbagliato (in cassetta presentata in un sorprendente duetto con Skin) e alla reunion dei Decibel di Ruggeri con un buon pezzo dedicato a David Bowie. Nel 2019 invece abbiamo potuto apprezzare la perla di L’amore è una dittatura degli Zen Circus: un pezzo incredibilmente coraggioso, senza ritornello, che parla di amore, migranti e isolamento, un poesia in musica. Arriva da un gruppo che avrebbe potuto buttare tutto in caciara come Lo Stato Sociale e invece no, porta a Sanremo la canzone meno orecchiabile della carriera stupendo anche i suoi stessi fan. Per quanto mi riguarda tra il meglio di tutto il 2019.

Sanremo Anni 2020

Nel 2020 è successo qualcosa di preoccupante. Sì perché se il rock te lo fanno due rapper, Anastasio e Rancore, allora vuol dire che c’è qualche problema. Rosso di Rabbia nella versione presentata la Festival era estremamente LimpBizktiana, mentre su disco risulta piuttosto spompata. Eden è invece poco rock da qualunque punto la sia guardi, ma non so, Rancore mi ha sempre dato l’idea di essere un metallaro mancato; come se avesse avuto un momento sliding doors che lo ha portato al mondo del rap, ma che avrebbe anche potuto portarlo al rock. Testo bellissimo.

Riusciremo a continuare la storia nel 2021?

Luca Di Maio

P.S. Rapida postilla sui cosiddetti “super ospiti”, solo per farci due risate. Tutti sanno che negli anni ’80 ci sono stati, sempre rigorosamente in playback, Queen, Kiss, Depeche Mode, Smiths e chiunque contasse qualcosa, ma pochi sanno che nel 1983 qualche buontempone decise di chiamare addirittura i Saxon. “Suonano” Nightmare in un clima surreale e appaiono più fuori luogo di Amadeus che parla di musica. Sanremo arriva in ritardo anche alla New Wave Of British Heavy Metal in quanto gli Iron Maiden avevano già fatto saltare il banco da un paio di anni e i Saxon a livello di popolarità erano in forte parabola discendente.

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