Avevo deciso di andare a vedere i Soulfly solo per sfasciarmi nel pogo. A 41 anni appena compiuti immagino sia crisi di mezza età, ma se mi ero così divertito al Metal Park durante gli Stratovarius, quanto mi sarei potuto sfasciare con i Soulfly? E poi ho pensato che non avevo mai visto Max Cavalera dal vivo. Sì, perché mi sono affacciato al metal quando lui era appena uscito da Sepultura (visti nel ’98 per il primo tour con il “nuovo cantante”) e poi non mi è mai capitato di andare per i Soulfly, dei quali comunque persi le tracce subito dopo Primitive. 22 anni fa. Mi sono un po’ vergognato quando ho realizzato che sono al dodicesimo disco in studio e io ero fermo al secondo, così ho ascoltato un po’ di pezzi a caso. Mi sarei aspettato del tibal groove/nu-metal come da continuum Roots-Soulfly-Primitive e invece mi sono trovato di fronte una discografia che spazia dal thrash old-school, al death, ai vari livelli di “core”, e spesso anche lontana dal mondo tribale a cui avevo sempre associato il gruppo. Ci sono anche dei momenti strumentali che virano sul jazz nascosti in giro.

Le aspettative erano comunque basse, considerando quello che si dice ormai da anni sulla voce di Max Cavalera; quindi l’obiettivo di sfasciarmi era sempre quello principale. Che dire? Mi sono sfasciato, certo, tra circle pit e pogo selvaggio, ma quanto ho goduto? E quanto mi hanno sorpreso? Max era appesantito, sì svociato, ma nemmeno troppo, però con un carisma raro, rarissimo. Stava fermo, suonava la sua chitarra e cantava le canzoni, ma ogni movimento del braccio, ogni richiesta al pubblico, raccontava una storia. Avete presente quei pochi eletti che basta guardarli e comandano rispetto e adorazione? Ecco, lui è così.

La setlist è stata come speravo incentrata sui primi due dischi, ma ha dato anche una panoramica sul resto della produzione del gruppo. Zero Sepultura, ma va benissimo così. Il momento da lacrime agli occhi si è presentato in chiusura durante Eye for an Eye quando ha chiamato sul palco un bambino, immagino un nipote suo o di altri del gruppo, a cantare con lui il ritornello. Questo omaccione di 55 anni, un po’ spaventoso anche, trasmetteva solo gioia e passione; raccolte entrambe a piene mani sia dal bimbo che da tutti noi. L’istinto bisogna seguirlo. Sempre.

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