A un paio di decadi abbondanti dall’ascolto di Lateralus, quest’anno ho finalmente visto i Tool dal vivo. Sto recuperando tutte le esperienze dell’anno non ancora documentate qui sopra e non potevo non menzionare questa bomba di concerto. Credo di non averne scritto subito perché devo ammettere di non esserne stato molto segnato emotivamente nonostante la grandiosità dell’evento. Sarà che non hanno fatto quasi nessuno dei miei pezzi preferiti, sarà che per quanto mi piaccia non ho legato moltissimo con Fear Inoculum, sarà perché non lo so, però ero molto esaltato lì per lì, ma poi ho dimenticato il tutto piuttosto rapidamente.

E dire che è stato quasi perfetto, a parte l’aver saltato Schism per colpa degli orari cretini del Firenze Rocks. Giochi di luce e proiezioni psichedeliche pazzesche, prestazione stellare di tutti e quattro, con soprattutto i pezzi dell’ultimo disco devastanti nel loro incedere lento e inesorabile; mi hanno dato la sensazione di stare costruendo qualcosa lì per lì, sia sotto il profilo musicale che concettuale. Durante alcuni ritornelli c’è stato anche spazio per esaltarsi, alcuni dei nostri vicini sapevano quasi tutti i testi a memoria ed è stato uno spettacolo essere nel mezzo di tutto. Temevo un pubblico noioso intento a contare i tempi dispari, ma sono stato fortunatamente smentito.

E niente, me ne sono andato dopo quasi due ore con in testa l’immagine di Maynard che oscilla nella parte posteriore del palco; quel suo movimento quasi nevrotico risultava perfetto nel sottolineare quella curiosa costruzione di musica a cui stavamo assistendo.

Se penso che un gruppo così poco accessibile alle grandi masse, fa quarantamila persone in Italia, fatico quasi a crederci. Speranza.

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