Partiamo dal presupposto che odio le classifiche, soprattutto quelle riguardo i miei artisti preferiti. Le odio perché non potrà mai esistere una classifica veramente oggettiva, perché i gusti personali interferiranno sempre con la tanto agognata obiettività, e perché queste graduatorie sono spesso estremamente mutevoli, anche di giorno in giorno.

Le odio, ma per Woody Allen, uno dei miei artisti del cuore, ho voluto farla lo stesso. È stata una sfida perché mi sono dovuto inventare il tempo per riguardare tutte le sue cinquantaquattro opere (sì, 54), dargli un voto, metterle in ordine e trovare qualcosa di sensato da dire per ognuna. Un’impresa.

Le prime posizioni di questa lista sono la storia del cinema, poi il genio, dei capolavori, alcuni ottimi film, dei buoni film, film accettabili e solo pochissimi lavori evitabili.

Sì, perché per molti il cinema di Woody Allen si riassume solamente nel suo personaggio: l’ebreo nevrotico, ossessivo-compulsivo, innamorato delle donne e perdutamente fallito. Il suo cinema però è molto di più: è la perfetta rappresentazione degli sgangherati sentimenti moderni, è l’inadeguatezza dell’uomo nei confronti di donne per molti versi inarrivabili, è lo studio di personaggi femminili spaventosamente realistici, è l’incertezza intrinseca che ogni persona dotata di intelletto prova per qualsiasi cosa. Spesso è la fantasia di una persona che vuole uscire dagli schemi senza mai riuscirci, oltre che una collezione di stereotipi così assurdi da sembrare veri. È commedia, dramma, fantasia, terrore e allegoria. Nel bene o nel male racchiude in sé tutto quello che si può volere da un cinema intelligente.

Tutte le citazioni dirette o indirette di Woody Allen sono da me tradotte e tratte dai seguenti libri: Conversations with Woody Allen di Eric Lax, Woody Allen on Woody Allen di Stig Bjorkman, Woody Allen di Eric Lax e Start to Finish di Eric Lax.

Ora basta e lasciamo parlare i film partendo dalla posizione 54.

[Classifica aggiornata al 07/05/2021 con l’inserimento di Rifkin’s Festival, la correzione di alcuni refusi, l’aggiornamento di alcune descrizioni e lo spostamento di qualche posizione. Lo ripeterò ogni volta che uscirà un suo nuovo film. Sperando che siano ancora tanti.]

54. What’s Up, Tiger Lily? (Che fai, rubi?)

(1966, scritto da Woody Allen, Louise Lasser, Len Maxwell, Julie Bennett, Frank Buxton, Mickey Rose, Bryna Wilson, diretto da Woody Allen e Senkichi Taniguchi)

Cosa non si fa per cercare di diventare qualcuno a Hollywood? A quanto pare prendere un film di spionaggio Giapponese, rimontarlo, ridoppiarlo, riscriverlo completamente trasformandolo nella “grande ricerca dell’insalata di uova migliore del mondo”, non rientra tra le cose che non si fanno. Il primo film che vede il nome di Woody Allen come regista è proprio questo. Il risultato è quasi incommentabile; il grado di nonsense è così elevato che forse meriterebbe il primo posto in classifica giusto per mettersi allo stesso livello. Solo per cultura personale.

53. What’s New Pussycat? (Ciao Pussycat)

(1965, scritto da Woody Allen, diretto da Clive Donner)

What’s New Pussycat? è il primo film scritto da Allen e anche il primo in cui compare come attore, non protagonista. Si tratta di una commedia sgangherata finita per essere una grande parate di stelle dell’epoca (Peter Sellers, Peter O’Toole, Ursula Andress); fu un grande successo di pubblico, ma sostanzialmente non fa ridere. Allen stesso disse “se avessero veramente usato la mia sceneggiatura sarebbe stato il doppio più divertente e avrebbe avuto la metà del successo”. Non è un film di Woody Allen e infatti non lo sembra, è qui solo per completezza.

52. A Midsummer Night’s Sex Comedy (Una commedia sexy in una notte di mezza estate)

(1982, scritto e diretto da Woody Allen)

Si tratta di uno dei pochi reali fallimenti di Allen. Sia finanziario che artistico. Più avanti troveremo film che nessuno ha visto, ma che sono realmente delle perle nascoste, invece A Midsummer Night’s Sex Comedy non soddisfa su tutta la linea. La prima volta di Mia Farrow è tragica e ci consegna un’interpretazione insufficiente, il personaggio surreale interpretato dal regista è poco credibile, e anche visivamente l’obiettivo di “mostrare quanto sia meravigliosa la natura” è fallito completamente a causa di una fotografia piuttosto deludente con dei colori tutt’altro che invitanti. Si tratta di una commedia leggera, ma non è una buona scusante considerando il resto della sua produzione.

51. Small Time Crooks (Criminali da strapazzo)

(2000, scritto e diretto da Woody Allen)

Un altro film molto leggero che è già un gradino sopra al precedente rientrando tra i lavori accettabili. Non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato, anzi, l’idea di base è piuttosto carina, ma non esce mai dall’angolo in cui si è infilato. Rimane una commedia leggera fino alla fine con pochissime reali prese di posizione. Hugh Grant è però esilarante e alcune scene, come quella sul tetto all’inizio del film, riescono a mostrare la grande mano del regista rispetto ad altri film del genere.

50. To Rome with Love

(2012, scritto e diretto da Woody Allen)

Una serie di vignette romane che stentano a pungere in ogni senso. Tutte comiche con l’eccezione di quella interpretata da Jesse Eisenberg, Alec Baldwin, Ellen Page e Greta Gerwig, guarda caso la migliore del film. Per una qualche ragione trovo assolutamente esilarante il cantante lirico sotto la doccia; quando per la prima volta compare sul palco mi escono le budella dal ridere, ma ho capito che succede solo a me. Un filmetto.

49. New York Stories

1989, segmento Oedipus Wrecks – Edipo Relitto, scritto e diretto da Woody Allen)

Si tratta di un film antologico composto da tre storie scollegate scritte e dirette da Woody, Scorsese e Coppola. La parte che ci interessa è un’altra storiella leggera, ma che arriva almeno a satirizzare sul comportamento di certe madri e ci consegna alcune interpretazioni interessati. Ancora un altro filmetto, almeno questa volta è breve.

48. The Curse of the Jade Scorpion (La Maledizione dello Scorpione di Giada)

(2001, scritto e diretto da Woody Allen)

Woody Allen non brilla nei panni dell’investigatore privato. Come più volte dichiarato da lui stesso non avrebbe voluto interpretarlo, ma non trovò nessuno disponibile, e si vede. Dan Aykroyd e Helen Hunt non bastano a risollevare un film un po’ troppo surreale anche per gli standard di Allen. Bisogna sospendere troppo l’incredulità e alla fine è difficile entrarci dentro. Alcuni battibecchi con Helen Hunt sono però abbastanza esilaranti, con una sceneggiatura più all’altezza sarebbero stati una bella coppia.

47. Magic in the Moonlight

(2014, scritto e diretto da Woody Allen)

Un altro film leggero. Non bastano gli occhi di Emma Stone e le meravigliose viste del sud della Francia a spostare l’attenzione da una trama poco incisiva. Woody è da sempre affascinato dalla magia e dall’illusione e in Magic in the Moonlight prova nuovamente a esorcizzare questa sua passione, ma il risultato è a metà. I suoi novanta minuti passano però abbastanza bene, non sa di tempo sprecato anche se lascia poco.

46. Cafè Society

(2016, scritto e diretto da Woody Allen)

Con Cafè Society Woody ha tentato di ricreare una commedia drammatica nello stile che lo ha reso famoso, ma una sceneggiatura debole e poco credibile non glielo ha consentito. Kristen Stewart è sorprendentemente adeguata come sua musa grazie a una interpretazione di livello e un look da mandare fuori di testa, anche Jesse Eisenbger è perfetto come alter ego del regista, ma è proprio la trama a non funzionare. I salti temporali ti fanno perdere contatto con la storia e alcuni sviluppi non sono sostanziati. Un vero peccato perché l’idea alla base e lo sviluppo della relazione tra i due protagonisti è classicamente Woody e avrebbe meritato una sorte diversa.

45. Crisis In Six Scenes (Crisi in sei scene)

(2016, scritto e diretto da Woody Allen) – Serie TV

Lo stesso anno di Cafè Society esce anche la sua prima e unica serie TV prodotta da Amazon. Si tratta di una commedia surreale leggermente politicizzata, l’ultima apparizione di Allen come attore, e purtroppo non va da nessuna parte. I primi episodi lasciano ben sperare grazie all’ottima interazione tra Woody e Miley Cirus e tra Woody e Eleine May, poi però si perde tralasciando i dialoghi e diventando sempre più commedia dell’assurdo. La trovo divertente, ma ancora una volta sa di occasione sprecata.

44. Wonder Wheel (La Ruota delle Meraviglie)

(2017, scritto e diretto da Woody Allen)

Wonder Wheel è forse la peggiore delle occasioni sprecate. Il cast è strepitoso con la magnifica Kate Winslet, un sorprendente Jim Belushi, il sempre brillante Justin Timberlake e la bellissima Juno Temple, ma ancora una volta è la sceneggiatura a non convincere. I temi sono triti e ritriti, cosa che spesso per Allen non è un problema, ma i dialoghi non sono all’altezza e non sono salvati nemmeno da una fotografia di altissimo livello. Avrei voluto vedere questo cast con una sceneggiatura presa dalla zona alta della classifica.

43. Alice

(1990, scritto e diretto da Woody Allen)

Finalmente andiamo indietro di quasi trent’anni e arriviamo a Alice. Purtroppo a questo punto interviene il mio fastidio nei confronti di Mia Farrow a contribuire al mio fastidio per questo film, ma non c’è niente da fare. Non capisco come Allen abbia potuto ritenerla all’altezza di guidare così tanti dei suoi capolavori. Ne è quasi sempre l’anello debole con delle interpretazioni piatte, spesso molto simili l’una all’altra, finendo per semplificare e omologare il personaggio. In Alice è la sola protagonista e non riesco a non pensare come una Dianne Wiest o una Judy Davies avrebbero potuto far brillare questo film in modo molto diverso.

42. Scoop

(2006, scritto e diretto da Woody Allen)

Allen si è chiesto più volte perché avesse scelto di realizzare qualcosa di così leggero e banale come Scoop quando era in un periodo di grandissima creatività da un punto di vista drammatico. Però se lo prendiamo per quello che è, risulta più valido delle varie occasioni mancate che abbiamo visto più indietro in classifica. Alcune gag sono divertenti, Scarlett Johansson passa dalla bomba sexy di Match Point a una studentessa nerd in modo credibile, e poi c’è Ian McShane. Qualsiasi cosa con Ian McShane è per forza interessante, potrebbe anche recitare da solo davanti al muro e sarebbe oro.

41. Hollywood Ending

(2002, scritto e diretto da Woody Allen)

Hollywood Ending è un altro filmetto leggero, ma che ha una marcia in più rispetto a quelli più indietro in classifica. Woody è perfettamente a suo agio nella parte del regista caduto in disgrazia, Tea Leoni è un’ottima controparte e le varie scenette sono abbastanza divertenti. È sicuramente troppo lungo, con un montaggio più serrato sarebbe arrivato anche più in alto.

40. Sleeper (Il Dormiglione)

(1973, scritto da Woody Allen e Marshall Brickman, diretto da Woody Allen)

Sleeper così in basso è probabilmente la prima delle tante sorprese di questa graduatoria, ma cosa devo dire? Non lo capisco. L’idea è carina anche se non era originale nemmeno negli anni ’70, ma la quantità di gag fisiche di cui è pieno il film mi stanca molto presto. Diane Keaton è splendida e divertente, e sicuramente la pellicola riesce a far intravedere il genio che di lì a poco sarebbe sbocciato.

39. Banasas (Il dittatore dello stato libero di Bananas)

(1971, scritto da Woody Allen e Mickey Rose, diretto da Woody Allen)

Il suo secondo film è un’altra collezione di siparietti comici vagamente collegati tra loro. C’è però un sotto testo di critica sociopolitica (da lui sempre negato) che riesce a elevare l’opera e farla risultare ancora rilevante. E poi due risate scappano più che ogni tanto.

38. Don’t Drink The Water

(1994, scritto e diretto da Woody Allen) – Film TV

Don’t Drink the water è una commedia teatrale da lui scritta negli anni ’60, poi realizzata come film da altri negli anni ’70 e ripresa per la TV nel 1994 con Michael J. Fox e lo stesso Woody Allen nel ruolo dei due protagonisti. È una storia leggera di una famiglia americana rimasta bloccata in un’ambasciata di un innominato paese dell’est Europa, ed è divertente. Al contrario di Sleeper e Bananas rido tutto il tempo. Immagino di essere l’unico, ma per quanto i valori di produzione siano abbastanza bassi, lo trovo più godibile.

37. Cassandra’s Dream (Sogni e Delitti)

(2007, scritto e diretto da Woody Allen)

Questo è un altro film che sarebbe potuto essere molto di più. La prima pellicola interamente drammatica di questa classifica ha come protagonisti Colin Farrel e Ewan McGragor, due fratelli inglesi di umili origini che vogliono sbarcare il lunario. È una delle sue tante elaborazioni su Delitto e Castigo; la meno riuscita causa una lunghezza eccessiva e delle interpretazioni forse migliorabili. Dei personaggi femminili più incisivi avrebbero giovato alla sua efficacia; in ogni caso le sue riflessioni sul senso di colpa riescono sempre a far pensare.

36. Everyone says I love you (Tutti dicono I Love You)

(1996, scritto e diretto da Woody Allen)

Il suo unico musical è assolutamente godibile. Dirò un’eresia, ma non lo trovo così inferiore a un La La Land che è andato a stravincere tutto. Sicuramente meno stiloso, ma Woody ha puntato sul realismo, tanto da scegliere appositamente attori che non sapevano cantare per avere un risultato non patinato. La storia è semplice e leggera, ma non troppo. Il cast è di assoluto livello e la scena finale con Allen e Goldie Hawn che ballano sulla Senna è pura magia.

35. Love and death (Amore e Guerra)

(1975, scritto e diretto da Woody Allen)

Love and Death è uno dei film più quotati della filmografia di Allen, ma io lo capisco solo leggermente di più di Sleeper. No, esagero. In realtà i dialoghi sono tutti di pregevole fattura, Woody e Diane Keaton sono dinamite, e l’aspetto filosofico seppur solo leggermente toccato, trasuda chiaramente. Quello che fatico a capire sono le gag comiche reminiscenti del cinema muto delle origini, ma credo sia un mio limite.

34. Manhattan Murder Mystery (Misterioso omicidio a Manhattan)

(1996, scritto da Woody Allen e Marshall Brickman, diretto da Woody Allen)

Il primo film dopo essersi liberato del fardello di Mia Farrow ne ha giovato terribilmente grazie alla sua sostituzione con Diane Keaton e il ribaltamento dei ruoli con il personaggio di Allen. Si tratta di un giallo comico leggero senza troppe pretese, ma intelligentemente costruito e molto incalzante nel ritmo. Il tempo vola e vedere quei due battibeccare è sempre un piacere.

33. Radio Days

(1987, scritto e diretto da Woody Allen)

Il suo film più autobiografico per eccellenza è un omaggio alla sua infanzia. Un affresco di quella New York degli anni ‘30/’40 che nessuno ricorda più e che Woody ha amato alla follia. I personaggi sono delle belle caricature, anche Mia Farrow risulta brillante. È un film strano, penso che funzioni solo con i nostalgici cronici e con gli appassionati di Allen, ma è realizzato con grande classe.

32. Play it Again, Sam (Provaci ancora, Sam)

(1972, scritto da Woody Allen, diretto da Herbert Ross)

Film basato su una commedia teatrale scritta da Allen negli anni ’60, da lui sceneggiato, ma diretto da Herbert Ross. L’idea di un Humphrey Bogart immaginario che fornisce consigli su come conquistare le donne è esilarante e sul grande schermo funziona piuttosto bene. Il debutto dell’accoppiata Allen/Keaton è già elettrizzante. Divertente e interessante, si nota l’assenza di Allen alla regia in quanto il film appare un po’ troppo ruffiano e consapevole, gli manca quell’indifferenza tipica di Allen.

31. Shadows and Fog (Ombre e nebbia)

(1991, scritto e diretto da Woody Allen)

Shadows and Fog è un film che solo Woody Allen potrebbe avere il coraggio di fare. Surreale, nonsense, invendibile, bianco e nero nella nebbia, ma assolutamente affascinante. La storia di base è piuttosto irrilevante, ma ci sono una serie di dialoghi di altissimo livello. Quello nel bordello guidato da Jodie Foster, quello tra John Malkovich e John Cusack, tutte le scene con Malkovich e Cusack in realtà. Il bianco e nero di Carlo Di Palma è di una rara bellezza e riesce a rendere intrigante un lavoro che alla fine dice poco, ma lo fa con classe.

30. Take the Money and Run (Prendi i soldi e scappa)

(1969, scritto da Woody Allen e Mickey Rose, diretto da Woody Allen)

Il suo primo film come regista. Che dire? Dopo oltre cinquant’anni si difende ancora piuttosto bene. È di fatto una collezione di gag come i tre film successivi, ma mostra una grande organicità e uno stile inconfondibile già da subito. Strutturato come un documentario, riesce a raccontare la sua storia con efficacia e ne esce un esilarante ritratto di un criminale da strapazzo. Alcune delle battute sono ancora memorabili: “After fifteen minutes I wanted to marry her, and after half an hour I completely gave up the idea of stealing her purse.”

29. Whatever Works (Basti che funzioni)

(2009, scritto e diretto da Woody Allen)

Larry David è gigantesco nei panni di Boris Yelnikoff e Evan Rachel Wood riesce a tenergli testa egregiamente come svampita ragazza del sud. I monologhi di David diretti al pubblico sono da 10 e lode, ma nel complesso il film potrebbe fare di più. Si perde un po’ nella seconda parte e finisce eccessivamente ruffiano. Non voglio che suoni come una critica eccessiva in quanto si tratta di un lavoro di tutto rispetto, ma quei monologhi meriterebbero di far parte di un capolavoro.

28. Anything Else

(2003, scritto e diretto da Woody Allen)

Un film che non ha visto letteralmente nessuno, ed è un peccato. Il mitico Jason Biggs, famoso per essere quello della torta di mele di American Pie, interpreta il Woody Allen di turno, Woody a sua volta si cimenta in un ruolo un po’ psicotico, mentre Christina Ricci è lì per far cadere la mascella a tutti. Non siamo di fronte a nulla di originale, ma il tanto caro tema del tradimento e della follia delle relazioni umane viene trattato in modo piuttosto dissacrante; le battute sono divertenti e anche la fotografia è pregevole. Semplicemente una gran bella commedia brillante tipicamente nel suo stile.

27. Melinda and Melinda (Melinda e Melinda)

(2004, scritto e diretto da Woody Allen)

L’idea di Melinda e Melinda è tremendamente interessante: due autori teatrali si confrontano riguardo la natura della vita chiedendosi se sia comica o tragica, e per provare le loro tesi raccontano due storie diverse con la stessa premessa. La protagonista è sempre Melinda, interpretata con due pigli opposti da una sorprendente Radha Mitchell, ma per il resto si tratta sostanzialmente di due film diversi che non hanno nulla di realmente in comune. La storia tragica è quella che meglio decolla e, anche a detta dello stesso Allen, avrebbe forse goduto di maggior fortuna se fosse stata un film a se stante. Non riesco a non pensare che se si fosse trattato della stessa storia, con gli stessi personaggi, ma con due tagli diversi, avrebbe potuto cogliere maggiormente nel segno.

26. Everything You Always Wanted to Know About Sex* (*But Were Afraid to Ask) (Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere))

(1972, scritto e diretto da Woody Allen)

La sequenza “italiana” di questo film è il primo momento nella storia di Woody Allen in cui si scorge un genio che va al di là della commedia. In una pellicola incasinata che alterna momenti esilaranti (gli spermatozoi e Gene Wilder nei panni del medico innamorato di una pecora) a episodi quasi imbarazzanti (il giullare e le tette giganti), quella sequenza girata nello stile del nostro Antonioni è un fulmine a ciel sereno. Non succede niente; vediamo semplicemente Woody e la sua seconda moglie Louise Lasser fare l’amore nei posti e nei modi più assurdi, ma la qualità della regia, lo studio dietro alla fotografia, semplicemente l’idea, sono evidente segno del genio che sta sbocciando.

25. Mighty Aphrodite (La Dea dell’Amore)

(1995, scritto e diretto da Woody Allen)

Gli anni ’90 sono un periodo di forte cambiamento nella vita di Woody causa la fine della sua storia con Mia Farrow e l’inizio di quella con Soon Yi Previn, e buonissima parte della sua produzione lo riflette ampiamente. Mighty Aphrodite inaugura infatti il suo breve periodo scurrile e ci regala un personaggio assolutamente sopra le righe interpretato da Mira Sorvino. L’intreccio è originale, la relazione tra Woody e la prostituta/attrice porno è molto credibile nel sue essere assurda e le risate non si risparmiano. Un film leggero, divertente, brillante e godibile.

24. Sweet and Lowdown (Accordi e Disaccordi)

(1999, scritto e diretto da Woody Allen)

Difficile categorizzare Sweet and Lowdown. Sean Penn è un chitarrista jazz degli anni ’30, nevrotico, pappone, strafottente e menefreghista, ma che quando prende in mano la sua chitarra riesce a portare tutti alle lacrime. Il cuore emotivo del film è la sua relazione con la ragazza muta interpretata da Samantha Morton, e la sua conclusione è quello che lo rende memorabile.

23. A Rainy Day in New York (Un Giorno di Pioggia a New York)

(2019, scritto e diretto da Woody Allen)

Se questo film non avesse mai visto la luce per questioni legali, sarebbe stato un vero peccato in quanto siamo di fronte a una delle sue migliori commedie degli ultimi 25 anni. Woody non riusciva a essere così leggero e così in forma da tanto tempo: i dialoghi sono serrati, il ritmo è incalzante, l’intreccio è surreale, ma ben orchestrato, il cast è di altissimo livello e New York è bellissima. L’elemento migliore rimangono comunque i dialoghi, moltissimi che si snodano attraverso lunghi piani sequenza. Timothée Chalamet è molto credibile nei panni del Woody Allen di turno, Elle Fanning e Selena Gomez sono sorprendenti e i giganti Jude Law e Liv Schreiber si rivelano in ottima forma in due parti un po’ sacrificate. Ce ne fossero di commedie così.

22. Blue Jasmine

(2013, scritto e diretto da Woody Allen)

Molti ricordano Blue Jasmine solo come veicolo per l’Oscar vinto da Cate Blanchett, dimenticando che si tratta di un film splendido sotto ogni punto di vista. È la storia di una donna distrutta dal senso di colpa per aver fatto la cosa giusta, ma solamente per vendetta; per essere diventata povera dopo tanti anni di agio e non riuscire a riprendersi. Un lento viaggio verso l’esaurimento nervoso terminale. Sostanzialmente si tratta di un rifacimento del capolavoro Un Tram Chiamato Desiderio (A Streetcar Named Desire), da Allen sempre considerato uno dei migliori film mai scritti, ma riesce a mantenere una propria identità grazie un interessante inspessimento morale e al grandissimo cast.

21. Irrational Man

(2015, scritto e diretto da Woody Allen)

A ottant’anni suonati Woody Allen riprende in mano il suo fido Delitto e Castigo e prova a studiarselo di nuovo. Questa volta utilizza un professore di filosofia ubriacone interpretato dal magnifico Joaquin Phoenix e lo porta a uccidere un giudice corrotto: come starà il suo senso di colpa? E quello di Emma Stone, studentessa innamorata di lui che finisce per scoprirlo? Alcuni dialoghi potrebbero andare più in profondità, ma il dilemma è affascinante e esteticamente è tutto bellissimo. Purtroppo si tratta di un film che hanno visto in pochi.

20. Rifkin’s Festival

(2020, scritto e diretto da Woody Allen)

L’ultimo film di Allen potrebbe essere il suo testamento cinematografico definitivo. Unisce tutti i suoi temi classici, la sua inconfondibile ironia e dei meravigliosi omaggi a tutti i registi che lo hanno formato. Supera il precedente A Rainy Day in New York e per quanto mi riguarda diventa la sua miglior commedia da oltre 25 anni e il suo miglior film degli ultimi 10. Non male.
Wallace Shawn interpreta Mort Rifkin, un ex professore di cinema che sta lavorando al suo primo grandissimo romanzo. “Se non è come Dostoevskij, che senso avrebbe” e quindi passa il tempo a scrivere pagine e strapparle. È l’ennesimo alter ego del regista; ma questa volta, per quanto Shawn sia sempre impeccabile, si fatica a capire perché non l’abbia interpretato lui stesso data l’esigua differenza di età. Mort è sposato con la bellissima Sue (Gina Gershon); addetta stampa di un giovane regista francese che ha accompagnato al San Sebastian Film Festival.
L’intreccio è classicamente Woody, ma quello che rende questo film un vero testamento sono le sequenze oniriche. Mort sogna, talvolta a occhi chiusi, altre volte a occhi aperti; e sogna quello che meglio conosce come professore di cinema. Sogna i grandi classici, che casualmente finiscono per essere tutti i film preferiti del regista.
Citizen Kane (Quarto Potere) è il solo film americano omaggiato, e infatti Allen lo considera l’unico a poter rivaleggiare con quelli dei maestri europei. Fellini, Truffaut, Godard, Buñuel e lui, il suo idolo, Ingmar Bergman. Le scene dei loro capolavori sono ricreate con la grande ironia che lo contraddistingue, mentre la mano di Vittorio Storaro alla fotografia è evidente nel rendere il più familiare possibile quel bianco e nero tanto nostalgico. L’omaggio in svedese al meraviglioso Persona è esilarante, mentre la chiosa su Il Settimo Sigillo, con uno strepitoso cameo di Christoph Waltz, sarebbe in grado di chiudere la filmografia del regista alla perfezione.

19. Bullets Over Broadway (Pallottole su Broadway)

(1994, scritto da Woody Allen e Douglas McGrath, diretto da Woody Allen)

Con questo film entriamo ufficialmente in zona capolavori. A partire da qui leggerete pochissime critiche e tantissimi elogi, non ci posso fare niente. John Cusack interpreta il personaggio Alleniano di turno, questa volta un autore di teatro che pur di riuscire a dirigere il suo dramma finisce per scendere a patti con la mafia. L’unico problema? Si rivela un pessimo autore quando il tirapiedi del boss stravolge la suo opera rendendola un capolavoro. E le assurdità non finiscono qui. I dialoghi sono brillanti e le interpretazioni sopra le righe: una delle vette del genio comico di Allen.

18. Deconstructing Harry (Harry a pezzi)

(1997, scritto e diretto da Woody Allen)

Harry è indubbiamente il film più volgare, scurrile ed esplicito della sua storia, e va bene così. Ci piace vedere Allen sciogliersi un po’. Tutti quei nevrotici perfetti avevano un po’ stancato, in Deconstructing Harry invece i nevrotici sono pazzi veramente. L’aspetto più affascinante è però la rappresentazione della vita del protagonista attraverso i suoi scritti e l’interazione con i suoi stessi personaggi. Judy Davis, Billy Crystal, Demi Moore, Kristie Alley, Robin Williams e tutto il resto del cast sono monumentali e sempre meravigliosamente sopra le righe.

17. September (Settembre)

(1987, scritto e diretto da Woody Allen)

Settembre è il film di minor successo della storia di Allen, è uno dei pochi drammatici tout court e indubbiamente uno dei più sottovalutati. Si tratta di una sorta di dramma teatrale scritto direttamente per il cinema. Girato esclusivamente su un set atto a ricostruire una casa di campagna, mostra due giorni nella vita di una famiglia e di alcuni amici. I personaggi sono disegnati con grande maestria, la atmosfere sono Bergmaniane, le interpretazioni magistrali e i dialoghi arrivano sempre dritti al punto. Nove anni dopo Interiors, Allen ritorna al suo maestro svedese con un lavoro di altissimo livello.

16. Broadway Danny Rose

(1984, scritto e diretto da Woody Allen)

Dieci anni prima dell’altro film con la parola “Broadway” nel titolo abbiamo il vero apice comico di Woody Allen. Tutti i film che leggerete dopo non sono delle commedie nel senso più stretto del termine: o sono satira, o delle commedie drammatiche, o hanno delle parti comiche alternate ad altre drammatiche. Danny Rose è invece uno spasso. Allen interpreta l’agente degli sfigati: artisti improbabili che lo seguono perché non hanno speranze, lui fa di tutto per loro e quando qualcuno inizia a raggiungere il successo, lo molla irrimediabilmente. Si tratta di una dichiarazione d’amore ai suoi agenti Joffe e Rollins, con lui fino alla loro morte, ed è un successo sotto ogni punto di vista.
Nonostante il tema sia comico e leggero, abbiamo un meraviglioso bianco e nero, la telecamera è sempre dove non ti aspetti, i dialoghi tra Allen e una Mia Farrow quasi irriconoscibile sono bellissimi anche a volume spento. E poi Nick Apollo Forte è strepitoso. Se non l’avete visto, cercate Agita su YouTube.

15. Interiors

(1978, scritto e diretto da Woody Allen)

Non si direbbe dai suoi primi film, ma Allen è sempre stato un grandissimo ammiratore di Ingmar Bergman. Lo ritiene il più grande genio della storia del cinema e il suo vero obiettivo è sempre stato quello di realizzare un film drammatico anche solo lontanamente paragonabile a Wild Strawberries (Il Posto delle Fragole). Interiors è il suo primo tentativo in questa direzione e nonostante quello che pensi lui, non ci è andato troppo lontano. È la storia di tre sorelle, dei loro genitori e della nuova moglie del padre. I silenzi contano più delle parole, i tempi sono dilatati, i dialoghi sembrano quasi sottotitoli, la fotografia di Gordon Willis è incantevole. Il finale è struggente nell’indifferenza generale.

14. Hannah and Her Sisters (Hannah e le sue sorelle)

(1986, scritto e diretto da Woody Allen)

Hannah and Her Sisters solamente al quattordicesimo posto farà storcere il naso a molti, ma per quanto si tratti di un lavoro magistrale, io il finale non lo digerisco. E nemmeno Woody stesso se lo perdona; ammette regolarmente di essere stato poco coraggioso, di aver ceduto a un lieto fine generalizzato poco credibile e poco in linea con il dramma che traspare lungo tutto il film. Al netto del finale si tratta di una prova incredibile. Il primo dei suoi “romanzi in cinema”, un intreccio di relazioni ambigue portate avanti da personaggi ancora più ambigui. Le interpretazioni sono tutte strepitose (a parte la solita Mia Farrow) e Barbara Hershey è una bellezza tanto anomala, quanto luminosa.

13. You Will Meet a Tall Dark Stranger (Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni)

(2010, scritto e diretto da Woody Allen)

You Will Meet a Tall Dark Stranger sopra a Hannah and Her Sisters potrebbe essere sufficiente per spingere qualsiasi lettore a chiudere tutto qui, ma vi chiedo di ascoltarmi. Se il finale è il punto debole di Hannah, quello del film del 2010 è senza dubbio il suo punto di forza. Il tema è la distinzione tra realtà e fantasia, tra verità e bugie, tra la possibilità di essere felici nel mondo reale o in un mondo inventato. Il finale chiude il cerchio di tutti i personaggi e lo fa brutalmente. Anthony Hopkins sceglierà di vivere la bugia? Quella di Josh Brolin ha probabilmente i minuti contati, cosa è rimasto invece a Naomi Watts? L’unica felice è quella che si abbandona alla fantasia, ma sarà felice davvero?

12.  Zelig

(1983, scritto e diretto da Woody Allen)

Se prima eravamo ai capolavori, con Zelig siamo in zona genio. Si tratta di un falso documentario riguardo l’uomo camaleonte: l’unico uomo che si tramuta automaticamente nelle persone con le quali entra in contatto; sia fisicamente che a livello comportamentale. È una non troppo velata metafora sull’omologazione e sullo spirito di gregge, che estremizzati portano a sostenere tutti i peggiori regimi dittatoriali. Anche da un punto di vista tecnico è assolutamente innovativo in quanto inserisce il personaggio di Zelig/Allen in filmati d’epoca riuscendo a risultare sempre credibile. Capolavoro.

11. Celebrity

(1998, scritto e diretto da Woody Allen)

Riguardo Celebrity Allen disse “solo io potevo avere il primo film con Leonardo di Caprio post-Titanic e riuscire a farlo essere un fiasco”. In realtà si tratta di un disastro di pubblico, la critica mediamente non lo capisce, ma io lo trovo impeccabile. Il bianco e nero di Sven Nykvist è incantevole, Kenneth Branagh è un Woody Allen convincente, Di Caprio ha pochi minuti da dinamite e la supermodel di Charlize Theron lascia semplicemente senza fiato. Tematicamente sovrappone la gestione di un divorzio e l’effetto che la fama può avere sulle persone. È un film agrodolce, come la fama d’altronde.

10. Stardust Memories

(1980, scritto e diretto da Woody Allen)

Un’altra perla nascosta della filmografia di Allen, Stardust Memories è il suo lavoro più Felliniano. Le atmosfere, le facce, il tema, riportano a 8 ½ e a altri capolavori del nostro maestro. Il protagonista è un regista accusato di fare solo film artistici invece di tornare ai suoi “primi lavori, quelli divertenti”. Non mancarono le polemiche in quanto sembrava che Allen stesse esprimendo forte ostilità nei confronti dei suoi ammiratori della prima ora. Aspetto da lui sempre negato, ma che mi riesce difficile non vedere, soprattutto considerando la sua grandissima voglia di produrre lavori drammatici e suoi sistematici ritorni alla commedia.

9. Midnight In Paris

(2011, scritto e diretto da Woody Allen)

Quello che apparentemente sembra un filmetto leggero per nostalgici è in realtà una perla di rara bellezza. In Midnight In Paris troviamo Owen Wilson nei panni del Woody Allen di turno, uno sceneggiatore californiano impegnato in film commerciali, ma con aspirazioni più artistiche. Durante una vacanza a Parigi si trova letteralmente catapultato negli anni ’20, la sua epoca d’oro, e ha l’occasione di incontrare Hemingway, i Fitzgerald, Picasso, Cole Porter e di avere Gertrude Stein come illustre mentore per il suo romanzo. I personaggi storici sono delle meravigliose caricature, la fotografia ci mostra una Parigi incantevole attraverso tre epoche, e la sceneggiatura bilancia alla perfezione i temi importanti con una frizzante leggerezza dei dialoghi. Gioiellino.

8. The Purple Rose of Cairo (La Rosa Purpurea del Cairo)

(1985, scritto e diretto da Woody Allen)

Proprio adesso noto un’interessante correlazione con tra The Purple Rose of Cairo e Midnight In Paris: entrambi i film lavorano sulla contrapposizione tra realtà e fantasia, la realtà ne esce sempre vincitrice, ma se in Midnight in Paris è salvifica, in Purple Rose è spietata. Che sia un riflesso della positiva evoluzione della vita di Allen? Qualsiasi sia la ragione è proprio il finale di Purple Rose a renderlo un film memorabile; un lieto fine lo avrebbe portato a essere un grande successo, ma lo avrebbe anche svuotato da ogni significato.

7. Vicky Cristina Barcelona

(2008, scritto e diretto da Woody Allen)

Immagino che arrivati a questo punto pensavate che me lo fossi dimenticato; e invece no, settima posizione assoluta per uno dei film più polarizzanti della filmografia Alleniana. Probabilmente una promozione più incentrata sul carattere drammatico del film, avrebbe settato meglio le aspettative per quello che potrebbe essere il più recente dei suoi “romanzi in cinema”. La storia di queste due amiche americane che vengono trascinate nel dramma di un tenebroso pittore spagnolo e della sua ex moglie è assolutamente affascinante. I personaggi sono disegnati con un realismo disarmante e il finale è brutale, ma in tono così sommesso da poter essere ignorato. Non tutti sono pronti a riflettere sulle proprie scelte di vita, soprattutto quando ogni possibilità di cambiamento sembra svanita.

6. Manhattan

(1979, scritto da Woody Allen e Marshall Brickman, diretto da Woody Allen)

A questo punto parlare di posizioni risulta abbastanza aleatorio: siamo in zona storia del cinema. Manhattan è generalmente ricordato come meravigliosa cartolina di New York; per il suo incantevole bianco e nero in wide screen e per le musiche di George Gershwin, ma spesso ci si dimentica che la sceneggiatura è almeno allo stesso livello della componente estetica. La storia tra Woody/Isaac e la diciassettenne Tracy è memorabile, il suo finale imprevedibile; l’intermezzo con Mary/Diane Keaton raggiunge l’apice assoluto di alchimia tra i due attori. Difficile fare meglio.

5. Annie Hall (Io e Annie)

(1977, scritto da Woody Allen e Marshall Brickman, diretto da Woody Allen)

Grazie a un solo film Woody Allen è riuscito a farsi conoscere in tutto il mondo e a consacrarsi come mostro sacro del cinema allo stesso tempo; questo film è Annie Hall. Allen finalmente prende coraggio, esce dalla sua crisalide, abbandona i film comici fini a loro stessi e entra nel mondo del cinema di qualità. Lo fa puntando tutto e in Annie Hall inserisce qualsiasi cosa: dialoghi frizzanti, scene animate, sesso extracorporeo, parla direttamente al pubblico, evoca Marshall McLuhan, tutto. La storia della sua relazione con Annie/Diane Keaton è semplicemente incantevole; senza Annie Hall film come Harry ti presento Sally non sarebbero semplicemente esistiti.

4. Husbands and Wives (Mariti e mogli)

(1992, scritto e diretto da Woody Allen)

Husbands and Wives rappresenta l’apice creativo di Woody Allen per quanto concerne i suoi film di relazioni, i suoi “romanzi in cinema”. Da un punto di vista narrativo riesce a catturare l’essenza dei rapporti umani, la loro dolcezza, la loro brutalità e il loro essere indispensabili ed effimeri allo stesso tempo. La tenerezza trasmessa da Woody/Gabe e la sua studentessa ventunenne è in pauroso contrasto con la violenza tra il personaggio interpretato da Sidney Pollack e l’insegnate di aerobica. L’essere passivo-aggressivo di Judy/Farrow e la chiusura con Jack e Sally di nuovo insieme sono solo alcune delle mille sfaccettature della psiche umana che riusciamo a vedere in soli 103 minuti.
Come se non bastasse siamo di fonte a qualcosa di assolutamente innovativo anche sotto il profilo tecnico. Telecamera a mano che va dove vuole, tagli improvvisi, salti da una scena all’altra; sembra tutto casuale, Woody ama dire che lo ha fatto “per fare prima”, ma in realtà è tutto calcolato. Lo stile di montaggio e di ripresa riflettono alla perfezione la natura delle relazioni rappresentate in un opera che non esito a definire perfetta.

3. Crimes and Misdemeanors (Crimini e Misfatti)

(1989, scritto e diretto da Woody Allen)

Crime and Misdemeanors è il primo di quattro suoi film a prendere in esame il tema del senso di colpa in ottica dostoevskiana. Judah (Martin Landau) è un filantropo, un uomo di successo, alla guida di una famiglia perfetta. Judah ha un amante (Anjelica Huston) che non ne può più del suo ruolo e lo minaccia di dire tutto alla moglie e di denunciarlo riguardo alcune donazioni che non sono esattamente finite nei giusti conti corrente. L’amante non vuole sentire ragioni e Judah la fa uccidere. Si sentirà in colpa? Riuscirà a gestire la situazione? Partiamo per un viaggio nella sua mente; si confronta con la sua famiglia, si confronta con un rabbino, infine si confronta con Woody/Cliff dicendogli che “se vuole un lieto fine deve guardare un film di Hollywood”.
La storia di Judah si sovrappone a quella apparentemente più comica di Cliff, ma che è scandita dal suo documentario su un affascinante filosofo fautore della celebrazione della vita, che alla fine si suicida inspiegabilmente. Non c’è redenzione in Crimes and Msdemeanors, non c’è lieto fine, o forse dipende dai punti di vista? Sicuramente riesce nell’impresa di generare infinite riflessioni sulla vita e sulla morte; cos’altro deve fare l’arte se non questo?

2. Another Woman (Un’altra donna)

(1988, scritto e diretto da Woody Allen)

Questa è forse la sorpresa più grande di questa classifica. Another Woman è indubbiamente il suo lavoro più sottovalutato, così oniricamente Bergmaniano da rendere comprensibile il mancato successo di pubblico, ma non quello di critica. La Marion di Gena Rowlands è il personaggio femminile meglio scolpito dalla penna del regista di Brooklyn. Una professoressa di filosofia cinquantenne che scopre lentamente di avere un’idea completamente distorta riguardo la percezione che le altre persone hanno di lei; tutte le sue certezze si infrangono e le crolla il mondo addosso. Il suo è un ruolo forte e vulnerabile allo stesso tempo; scritto e raccontato con una maestria fuori dal comune e interpretato altrettanto magistralmente. Tecnicamente Woody riesce a fondere la realtà, i ricordi e le fantasie di Marion in modo sorprendente. Le scene a teatro con la sua amica sono ipnotiche, la nostalgia che prova per il suo vero amore Gene Hackman è ritratta alla perfezione in efficaci flashback, la sua infanzia, i suoi rimpianti, li vediamo e li percepiamo senza alcun filtro. Ancora una volta la fotografia dello storico collaboratore di Bergman Sven Nykvist ci regala dei colori e delle immagini che restano impressi nella mente per sempre.

1. Match Point

(2005, scritto e diretto da Woody Allen)

È davvero Match Point il miglior film di Woody Allen? Onestamente non lo so, non credo di poter essere io a dirlo, e forse non può farlo nessuno. Se lo chiediamo a Allen stesso, sembra spesso pensarla così. Sicuramente ritiene che sia il suo miglior film drammatico. La storia funziona; spesso viene descritto come thriller psicologico, ma ha la caratteristica di essere difficilmente categorizzabile e ancora più difficilmente raccontabile. Si tratta di uno scorcio nella vita di un ex tennista professionista inglese che si ritrova sposato con una ricca dolcissima ragazza che non ama, finendo poi per tradirla con una bellissima attrice americana.
Banalissimo all’apparenza, ma il suo dilemma, il finale, la chiosa con l’incipit, lo rendono un gioiello di rara bellezza e coerenza. Scarlett Johansson è da rimanere senza fiato, la scena di sesso sotto la pioggia non mostra niente, ma riesce a essere quanto di più travolgente si possa immaginare. Le apparizioni sul finale, il senso di colpa, il tutto non è lapalissiano come in Crimes and Misdemeanors. Al contrario di Judah trovo che Chris potrà essere tormentato tutta la vita da quello che ha fatto. Oppure no? Dostoevskij sarebbe fiero di Allen.

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