Per i neofiti c’è il pezzo sull’EBM, per gli altri c’è Noire. I VNV Nation sono stati il mio primo amore del mondo EBM e, come gli Iron Maiden per il mondo metal, quasi vent’anni dopo sono la band che mi emoziona di più nel suo genere.
VNV Nation (Victory, Not Vengeance) è la creatura del paffuto irlandese Ronan Harris, di fatto una one-man-band nella quale Ronan suona tutti gli strumenti (sintetizzatori software e hardware alla fine), canta e scrive tutte le canzoni (dal vivo ha sempre una band chiaramente, ora tutti turnisti dato che il batterista storico Mark Jackson ha lasciato il gruppo). I primi due album Advance and Follow e Praise The Fallen (1995 e 1998) sono delle elaborazioni sulla EBM old school, si intravede una vena più spaziale e melodica, ma è ancora piuttosto evanescente. Tutto cambia nel ’99 con Empires. E’ il primo loro disco che mi è capitato in mano e rimane un caposaldo del futurepop (o nuova EBM) tutt’oggi: pezzi come Darkangel, Legion e Standing hanno fatto la storia e suonano oggi freschi come un tempo. E’ tutto più melodico, il suono è più pulito e la struttura delle canzoni appare più “pop” e meno elettronica. La voce di Ronan è come tutti la ricordano: melodica e avvolgente mentre recita meravigliose poesie ermetiche.
Salto spazio-temporale di 19 anni e abbiamo Noire, il decimo album in studio come VNV Nation e il livello è alto come un tempo. Negli anni dopo Empires ci sono stati sicuramente alti e bassi (altissimi di Judgement e Automatic, bassini di Transnational e del disco con l’orchestra), ma Ronan ha sempre mantenuto le promesse evolvendo il suono, pur rimanendo fedele alle sue origini. In un disco dei VNV ci possiamo aspettare di trovare una ballata (che qui non c’è, ma è sostituita da un notturno di solo pianoforte), testi evocativi di difficile interpretazione, beat ballabilissimi, momenti psichedelici e tantissima pace cosmica.
Già, perché quando li ascolto la mia prima sensazione è quella di ascoltare qualcuno che è in pace col mondo, che sa riconoscere quanto di meraviglioso abbiamo intorno a noi, ne canta le lodi e ci avverte dei pericoli che corriamo a non rispettarlo. Probabilmente sono indirizzato verso questo pensiero da un evento preciso: 2005, loro concerto in una tragicissima balera di Rimini. Prima dell’inizio Ronan si aggirava tranquillo nel locale chiacchierando con i quattro gatti presenti, ad un certo punto stava dicendo che l’Italia è bellissima e che venivano giusto da Roma, un darkettone intercetta con qualcosa del tipo “beh, Roma bellissima, un sacco di cultura, arte, storia,..”, Ronan lo ferma: “ma no, cioè, bello il Colosseo e quella roba lì, ma per me la cosa meravigliosa era il paesaggio durante il viaggio, un sacco di volte non volevo fare altro che fermare il bus e semplicemente correre nella vostra incredibile natura”. Tutto ciò con negli occhi un incredibile amore per il mondo.
Su Noire questo lo sento in quasi tutti i pezzi; Only Satellites ti porta nella pace dello spazio, Where is the Future ti riporta sulla terra e Immersed la terra la fa tremare. Tutto con quel continuo senso di pace cosmica che non ti molla più nemmeno ore dopo l’ascolto. Consiglio a tutti di andare ad un loro concerto (Bologna e Bergamo a Febbraio) se volete rimanere immersi nel nirvana anche per qualche giorno.
In ogni caso per quanto mi riguarda è un grandissimo ritorno a cinque anni dal precedente album. Scopriremo solo fra qualche mese o anno se si posizionerà nell’olimpo del loro dischi, ma si tratta sicuramente di tempo e denaro spesi bene. Se li conoscete poco e non l’avete ancora fatto, ascoltatevi la gran selezione in Cassetta, c’è tantissima pace cosmica.
Luca Di Maio
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